Ominicchi

“Il giubilo di ministri che si affacciano dal balcone come se il popolo avesse sconfitto una dittatura lascia di stucco. Si può essere giovani senza essere coglioni, l’amministrazione dello Stato non è una burla e piazza Colonna non è Plaza de Mayo e nemmeno piazza Di Maio”.

Ci va giù durissimo Fabio Rampelli nel commentare gli ultimi sviluppi della querelle relativa alle politiche economiche del governo gialloverde. L’esponente di Fratelli d’Italia ha parole durissime contro l’ampliamento del deficit e tuona: “Abbiamo sempre rivendicato la necessità di superare i parametri europei, aumentare il deficit per tagliare le tasse (tassa piatta, appunto), sostenere lo sviluppo dell’economia, produrre ricchezza, far crescere le aziende, abbattere il costo del lavoro, attrarre investimenti, finanziare opere di manutenzione sistematica delle nostre infrastrutture e del territorio, realizzare opere pubbliche, risanare le periferie, abbattere il costo dell’energia, riprenderci i gioielli di famiglia svenduti, creare occupazione e consumi. Ma cumulare altri debiti, in una nazione indebitata fino al collo, per alimentare la spesa improduttiva e fare assistenzialismo puro non è cambiamento, spedisce la nostra economia nel burrone”.

Rampelli non lesina stoccate al reddito di cittadinanza: “Tutto questo per dare 780 euro al mese a un esercito di persone nullafacenti, senza nemmeno preoccuparsi di colmare l’ingiustizia perpetrata nei confronti di categorie di lavoratori che hanno sgobbato per quarant’anni e percepiscono una pensione d’importo inferiore a questo assurdo sussidio. Alla faccia della giustizia sociale”.

Quindi aggiunge: “Negli anni dell’indebitamento pubblico c’erano l’Iri, la Cassa del Mezzogiorno, le partecipazioni statali che affiancavano le aziende e difendevano i marchi d’eccellenza italiani dalla svendita agli stranieri, si sono costruite autostrade, ferrovie, porti, aeroporti, trafori, aerei, navi, reti di telecomunicazioni, case popolari, siamo andati nello spazio e avevamo un esercito di massa, facevamo mangiare, bere e dormire centinaia di migliaia di soldati in caserma, ma a nessuno di quei vituperati e incapaci governanti della Prima Repubblica è mai venuto in mente di fare una montagna di debiti per distribuire soldi agli angoli delle strade. A memoria l’ha forse fatto qualche dittatore sudamericano prendendo in cambio la libertà dei cittadini”.

Un avvertimento, o forse qualcosa di più, Rampelli lo rivolge a Salvini: “Siamo preoccupati per questa deriva e rammaricati nel constatare che la Lega Nord sulla finanziaria ha perso la sua partita, perché non è stata capace di spiegare a Di Majo & co che alzare il rapporto deficit/Pil al 2,4% investendo tutto sulla crescita avrebbe rappresentato una rivoluzione vera, avviato una grande stagione di protagonismo italiano, consentito di dare sostanza al sedicente governo del cambiamento. Invece l’Italia, se non affonderà, galleggerà ancora. La nostra pattuglia di parlamentari – conclude Fabio Rampelli –  darà battaglia per spostare quei miliardi aggiuntivi, che ci metteranno in conflitto con l’Ue, interamente sulla crescita, aggredendo senza pietà le nefaste marchette elettorali grilline che rischiano di vanificare la prima seria alzata di scudi verso Bruxelles e Berlino“.

http://www.barbadillo.it/77589-politica-deficit-e-reddito-cittadinanza-rampelli-furioso-governare-non-e-una-burla/

Confronti

Una conoscente, di sicura affidabilità, mi rende edotto d’un aneddoto altamente istruttivo. Circa dieci anni fa il figliuolo, allora diciottenne, e in odore di maturità classica, fu spedito in Cina con tutta la classe nell’ambito di un’operazione di “scambio culturale” (ordita non si sa da chi: sicuramente non dai nostri provveditorati o ministeri, troppo impegnati nel sorbire cappuccini; forse dai ministeri cinesi, come sospetta anche la sommenzionata conoscente).

I nostri zucconi, appena arrivati a Pechino, furono sistemati con tutte le cure presso una sorta di residence: pulito, organizzato e popolato di personale gentilissimo e in grado di affabulare, con lodevole proprietà, almeno nella rappresentanza preposta alla comunicazione, la nostra lingua materna. Gli sdraiati italici stettero un pochino sulle loro, poi cominciarono a prendere confidenza con i limoncini: sino a rivelarsi: come perfetti idioti. Erano in vacanza; di studio, certo, ma lo studio, in Italia, serve a prepararsi agli esami, non alla vita. I pecoroni, il giorno appresso, vennero portati a pascolare per la Capitale del Catai: ne ricevettero un’impressione devastante. La Cina era vicina, assai vicina: e priva di quei luoghi comuni che, chissà perché, sedimentano nell’animo dei peninsulari: il levantino con il laccio da strangolatore, il riso e il tè, la lingua indecifrabile, i salamelecchi orientali. Pechino, infatti, era una città sterminata, ampiamente infiltrata dall’Occidente e dall’inglese, moderna, insonne, paradossalmente febbrile e composta: i cinesi, poi, quegli ominicchi, secondo loro, risolvevano problemi: l’inquinamento, i cessi, il traffico … ogni aspetto metropolitano, ancor caotico, veniva sottoposto alle cure lungimiranti di un cervello da “centralismo democratico”  in cui, pochi, decidevano: e gli altri, di conseguenza, obbedivano. Soffiava, insomma, una brezza travolgente e vitale dove le conquiste generavano problemi e questi ultimi, risolti, generavano progresso: e il progresso era interamente cinese, ovvero mai slegato dalla tradizione: i cinesi, almeno gli abitanti della Capitale, erano artefici del proprio destino (o del proprio disastro; un disastro, tuttavia, gestito intra moenia).

Nel pomeriggio arieti e capre, undici maschi e quattordici femmine, incontrarono i loro pari età, appena smontati dal turno di studio; vennero recati, lo appresero dopo, nella sala di musica. In tale sala, esauriti i convenevoli in cui i nostri professori rivelarono una micidiale ignoranza di qualsiasi lingua, compresa quella più ostica (l’italiano), i mufloni d’ambo i sessi assistettero a uno spettacolo sbalorditivo. Una falange di ragazzi dagli occhi a mandorla, con docilità paramilitare, si schierò in doppia fila e cominciò a intonare, solfeggiandola, un’arietta verdiana o mozartiana: con estrema sicurezza. Dopo circa un paio di minuti di tale esercizio essi si bloccarono; ne seguì un silenzio incompreso (dai nostri); il cinesame riprese da capo la solfa: trenta sessanta novanta secondi e, quindi, l’arresto; nessuno capiva. Per la terza volta i mandorlati riattaccarono, con immutato zelo e acribia solfeggiatrice: al terzo stop, brutale, gli armenti professorali, incuriositi, chiesero spiegazioni, probabilmente a gesti, del singolare comportamente (gli ovini, invece, lo presumo dal contesto, saranno rimasti ammammaloccuti): al corpo docente venne risposto, con salamelecchi mandarini, e poi in italiano, utilizzando (presumo anche questo) cortesissime circonlocuzioni, che, tutti, lì, in quella sala, una sala di musica, si aspettavano che il gregge (quello occidentale) proseguisse il bel canto proprio laddove i pechinesi l’avevano interrotto: a sancire una comunanza artistica fra i due Paesi, la Cina e, presumibilmente, l’Italia, oltre le divisioni storiche, antropologiche, et cetera et cetera.

A tutt’oggi si ignorano le risposte dei salariati statali a quella gentile richiesta; della mandria studentesca inutile ciarlare: rimase muta. Cosa avvenne, perciò? Probabilmente il professorame dovette spiegare, pietosamente, faticosamente, fantozzianamente, che, in tredici anni di scuola, lo studente italico, a onta degli euri spesi per testi e strumenticchi musicali, non impara a solfeggiare manco Tu scendi dalle stelle.

Leggi tutto: https://alcesteilblog.blogspot.com/2018/09/la-cina-e-vicina.html

Agricoltura naturale

L’agricoltura naturale non crea un PIL elevato ma sicuramente aumenta il BIL (benessere interno lordo).

Per avere successo con l’agricoltura naturale è indispensabile rendere il terreno sempre più fertile. Per ottenere questo risultato è necessario che ci sia sempre materia organica in decomposizione, come avviene nel bosco. Questo fa sì che il terreno si arricchisca di microorganismi, che rappresentano l’indice di fertilità del suolo. È indispensabile incrementare il più possibile la biodiversità del luogo con più essenze vegetali, fiori, alberi, in modo che vengano attirati anche tanti insetti, uccelli, rettili, anfibi. È necessario mantenere un equilibrio naturale dove ogni insetto e/o animale ha il suo naturale predatore.

Di recente ho conosciuto Charles e Perrine di La Ferme Du Bec Hellouin in Francia. Hanno un’azienda agricola di circa 3 ettari dove lavorano 8 persone. In proporzione in 100 ettari potrebbero essere impiegate oltre 250 persone e si spartirebbero l’introito che, in un’azienda agricola artificiale, viene girato all’industria meccanica, petrolifera e chimica. I loro terreni sono coltivati solo manualmente e nonostante inizialmente fossero molto poveri oggi proliferano di vita. Riescono a produrre in pochissimo spazio un enorme quantità di frutta e di verdure e i loro prodotti sono ricercati dai migliori chef del territorio, i quali sono in grado esaltarne le incredibili proprietà organolettiche. In pochi anni hanno dimostrato al mondo, come il loro modo di fare agricoltura senza chimica e senza macchine a combustibili fossili, potrebbe sfamare l’intera umanità e sostenere anche un importante crescita demografica. La loro azienda non produce rifiuti, non inquina l’acqua e l’aria e, nonostante ciò, produce molto più reddito di quello che potrebbe fare un’azienda industriale. Qual è il loro segreto? Una grande conoscenza della biologia, della chimica e della botanica grazie a tanti anni di studi e prove sul campo.

Quello che oggi succede con l’agricoltura purtroppo accade in egual modo con gli esseri umani, ma forse facciamo più fatica a comprenderlo e proprio per questo l’agricoltura naturale può essere un nuovo portale, una direzione che può cambiare le nostre vite. Non esiste alcuna differenza fra un farmaco e un pesticida, se non che uno inquina l’essere umano e l’altro inquina la terra. In continuazione veniamo bombardati da una propaganda, spesso occulta, che ci induce sempre più ad allontanarci dalla vita naturale. L’uomo ha vissuto per centinaia di migliaia di anni come parte della Natura: ora, nel giro di pochi decenni, si è trovato a vivere in mezzo a cemento, asfalto, inquinamento, onde elettromagnetiche, smog, facendo cose che non aveva mai fatto prima, entrando a contatto con prodotti chimici di ogni sorta che non aveva mai conosciuto prima… fino al punto che oggi parliamo di Natura come un elemento terzo rispetto a noi stessi.

https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=61017

Un secolo di storia

Bracciano Lodi,  Edmo Mori
Schema di pubblicazione
BONDENO NEGLI ANNI DELLA 1° GUERRA MONDIALE
1918-2018
Prefazione del Sindaco di Bondeno Fabio Bergamini Presentazione degli autori Bracciano Lodi Edmo Mori
Le vicende principali della 1° guerra mondiale
Gli effetti della 1° guerra mondiale a Bondeno
Introduzione
La realtà socio-economica di Bondeno nei primi anni del ‘900
Le grandi opere a Bondeno nei primi anni del ‘900:
• La botte napoleonica
• I giardini di viale Pironi
• II nuovo piano regolatore del capoluogo
• Politica ed edilizia scolastica
• L’acquedotto comunale
• L’assistenza socio-sanitaria
• II macello comunale
• II nuovo camposanto di Bondeno
• II ponte in chiatte sul Po
• Lo zuccherificio di Bondeno
I Sindaci di Bondeno nei primi anni del ‘900
Come Bondeno ha ricordato i caduti della 1° guerra
Gli altri monumenti nel Comune di Bondeno
Appendice: II diario di guerra di Mario Marchetti, ragazzo del ’99
Rassegna fotografica a cura di Marco Dondi


L’opera dovrebbe essere presentata in occasione delle celebrazioni per il 4 novembre; qui cogliamo l’occasione per riportare il comunicato stampa relativo alla chiusura dello zuccherificio:

Bondeno, 13.08.07 — L’area dove sorge l’ex zuccherificio di Bondeno, una volta bonificata, diventerà ad uso prevalente industriale, artigianale e di servizio ed, in parte, anche residenziale così da ricucire il tessuto urbano del paese.
Italia Zuccheri S.p.A., appartenente al Gruppo Co.Pro.B., leader a livello italiano nella produzione saccarifera, ha, infatti, raggiunto un accordo con la Regione Emilia-Romagna, la Provincia di Ferrara, il Comune di Bondeno, le organizzazioni professionali agricole e le rappresentanze sindacali, per la riconversione produttiva dello stabilimento saccarifero, chiuso in seguito alla riforma comunitaria del settore, in un macro progetto immobiliare che ha come obiettivo la nascita di un polo logistico/industriale “calamita” per attrarre realtà industriali e artigianali a basso impatto aziendale e ad alta sostenibilità.
Inoltre parte dell’area attualmente occupata dagli impianti dello zuccherificio potrà essere destinata ad uso residenziale, contribuendo al recupero nel tessuto abitativo di aree impegnate da tempo ad attività industriali.
A tale obiettivo si è unito – quale valore aggiunto — lo studio di fattibilità della partnership con un soggetto industriale terzo che prevede all’interno dell’area la realizzazione di un impianto per la produzione di energia elettrica e calore mediante motori funzionanti ad olio di origine vegetale. L’impianto, che consentirà l’impiego di parte del personale attualmente in forza allo zuccherificio, sarà predisposto anche per l’utilizzo di oli ottenuti da colture prodotte dagli agricoltori del territorio.
Italia Zuccheri S.p.A., impegnata a bonificare integralmente le aree in questione, ha già messo a disposizione delle Istituzioni locali e dei relativi organismi per lo sviluppo produttivo oltre 10 ettari a condizioni di estremo favore, al fine della loro gestione per iniziative industriali o di pubblica utilità. Il Comune di Bondeno si farà invece carico di tutte le modifiche di natura urbanistica che occorreranno per raggiungere gli obiettivi dell’accordo — compatibilmente con la legislazione regionale – facendo ricorso, laddove necessario, a procedure d’urgenza per lo snellimento degli iter autorizzativi relativi alle opere di risanamento, bonifica e ripristino.
“L’intesa raggiunta- ha dichiarato Stefano Montanari Amministratore Delegato Italia Zuccheri — è un importantissimo passo nel processo di riconversione industriale degli zuccherifici della regione, chiusi a seguito della riforma del mercato a livello europeo, dopo che alcuni progetti, presentati nel 2006, sono stati recentemente bloccati dalle Istituzioni locali.”. “Per ottobre— continua Montanari —sarà presentato il piano industriale relativo all’impianto di produzione di energia elettrica, dal quale si desumeranno le linee generali del progetto energetico dell’impianto e le iniziative volte a favorire il reinserimento lavorativo dei lavoratori dell’ex stabilimento saccarifero. Contestualmente sarà valutata la fattibilità della filiera agricola locale per l’approvvigionamento parziale dei prodotti agricoli utili alla produzione dell’olio vegetale”.
“L’Accordo di riconversione – sottolinea Mario Resca, Presidente della Società — ci auguriamo che funga da apripista per la definizione anche del piano di riconversione dello zuccherificio di Finale Emilia, il cui progetto sarà presentato al più presto.
Colgo l’occasione per ringraziare gli attori che hanno contribuito all’intesa ed in particolare le Istituzioni Pubbliche Provinciali e Comunali per il forte ruolo di stimolo e supporto”.

Vi invitiamo anche a riguardare su bondeno.com gli articoli relativi all’argomento; in particolare:

https://bondenocom.wordpress.com/2014/10/04/zuccherifici-pastifici-e-feste-di-piazza/

 

Il nemico dei popoli

A vedere quella lista di importazioni, ci si chiede che cosa produca, oggi, il lavoratore americano industriale. Ma già, la memoria corre a Wall Street, le colossali GAFAM (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft) che rendono centinaia di miliardi ai loro padroni giovani e geniali, il dominio incontrastato dell’industria dello spettacolo (Disney, Netflix): l’America vive del suo patrimonio “culturale” e immateriale, che scambia con il lavoro operaio del mondo, essenzialmente dell’Asia che ha sviluppato con la propria de-industrializzazione. Il “terziario avanzato”, che può infischiarsene dei milioni di senzatetto che muoiono di oppiacei, perché la finanza non ha più bisogno di loro. Una economia da rentiers, sotto le forme apparentemente avanzate.

Cosa succederà adesso, come si configurerà la distruzione di Bretton Wood II, lo spiega Bertez: “Nel vecchio sistema, il riciclaggio dei capitali mondiali creati dagli eccedenti degli uni e dai deficit degli altri, si è tradotto in una massa immensa di denaro in cerca di impiego. Ciò ha fatto abbassare i tassi d’interesse e incitato le banche a creare veicoli sempre più sofisticati e pericolosi, la cui complessità serve appunto a mascherare il rischio”: il rischio che qualcuno, debole, in fondo alla piramide, non riesca più a servire il suo debito, facendo crollare tutto.

E’ quel che abbiamo visto avvenire alla Grecia e quel che le hanno fatto i banditi.

Perché non deve emergere la verità: tutto il vecchio sistema ha fatto calare i “premi di rischio” e i “premi di durata” sui debiti, una finzione che dura finché dura l’inondazione di dollari creati dal nulla per colmare i deficit Usa. (1)

Infatti se fino a pochi anni fa sul pianeta ed in Italia era vivo lo scontro tra il capitalismo finanziario ed il capitalismo produttivo, oggi quello scontro è risolto con il trionfo del primo. In Italia la chiusura o la svendita di quasi tutta l’industria di stato, il ridimensionamento dei grandi gruppi industriali e la crisi della piccola e media impresa sono le testimonianze evidenti di questo “trionfo”, per cui le forze in campo si sono ridotte ad una sola. Tutto questo sul piano politico trova riscontro nel progressivo identificarsi delle forze partito: il centro-destra ed il centro-sinistra non si differenziano più su nulla, anzi, alleati nei governi Monti e Letta e consociati in quelli Renzi e Gentiloni, hanno condotto l’Italia in un baratro da cui sarà difficile uscire. Sono sempre più asserviti al potere finanziario vincente e continuano imperterriti a spartirsi le percentuali di appalti e prebende. Per fortuna da tale appiattimento sta germogliando una sorda e massiccia protesta popolare che sta cercando un suo naturale sbocco. Uno sbocco che deve essere di impegno civile e politico. Ne è prova l’attuale governo Conte. Ma quale consapevolezza hanno il governo e le forze che lo sostengono dello scontro in atto? Sono consapevoli che il nemico dei popoli, e quindi anche del popolo italiano, è il liberismo e che tutte le componenti che lo hanno fatto assurgere ad unica ideologia imperante vanno combattute e debellate? Hanno chiara la visione di una prospettiva politica nuova e diversa dove l’economia è solo uno strumento che deve essere al servizio dei popoli e non viceversa, come avviene oggi? E che lo strumento di controllo e mediazione è rappresentato proprio dalla politica? (2)


  1. https://www.maurizioblondet.it/gli-effetti-della-cura-trump-sul-sistema-mondiale-altra-deflazione/
  2. https://www.controinformazione.info/costruire-un-progetto-alternativo/

West Nile

È bufera (politica) sul direttore generale dell’Ausl di Modena Massimo Annichiarico per un post ironico, ora rimosso, sulla West Nile. A molti non è piaciuto proprio perché tira in ballo una questione molto sentita dai cittadini di Modena e provincia.

“Un atteggiamento molto grave e inaccettabile per il quale la Regione dovrebbe valutare al più presto sia la revoca dei premi assegnati al dg, oltre che la sua immediata rimozione dell’incarico dal vertice dell’AUSL”. Scrive così la consigliera regionale M5S Giulia Gibertoni che sulla vicenda ha presentato un’interrogazione alla giunta regionale. “Anche se il post sembra che sia stato cancellato – aggiunge la pentastellata – crediamo che un gesto del genere sia totalmente inopportuno oltre che inaccettabile da parte di chi riveste un ruolo così importante nella gestione della nostra sanità. La pubblicazione di questo post denota un’inadeguatezza a rivestire un ruolo istituzionale per il quale, vale la pena sottolinearlo, è vantaggiosamente retribuito, anche con premialità, arrivando a incassare annualmente un importo superiore a quello del Presidente della Regione Emilia-Romagna, ente da cui dipende l’AUSL di Modena. Ecco perché crediamo che la Regione debba intervenire valutando sia la revoca dei premi assegnati ad Annicchiarico, ma soprattutto la sua permanenza ai vertici dell’AUSL”.

È poi Andrea Galli di Forza Italia a chiedere, con un’interrogazione, al governo regionale “se non ritiene opportuno revocare l’incarico al direttore generale dell’Ausl di Modena alla luce di un intervento del tutto inopportuno e offensivo verso i cittadini e, soprattutto, verso le famiglie delle vittime del virus”. Il dirigente, spiega il consigliere, “ha pubblicato sui social un suo intervento ironico teso a minimizzare e irridere le paure dei cittadini riguardo il virus West Nile, malgrado fosse ovviamente a conoscenza delle centinaia di casi di infetti e delle decine e decine di colpiti in modo grave fino ad arrivare a numerosi decessi”.

L’Ausl di Modena, rimarca il politico, “ha dato notizia dei primi due decessi solamente dopo alcune settimane e dopo la pubblicazione di alcuni articoli sui media da parte dei parenti dei deceduti a cui era stato caldamente consigliato di non parlare per ‘non creare allarmismo’”. Galli, nell’atto ispettivo, chiede inoltre “se la Regione intende scusarsi con i cittadini modenesi per l’intervento del direttore generale Ausl”.

Anche la Lega è intervenuta.

“Le dichiarazioni di Massimo Annicchiarico – scrivono Stefano Bargi, consigliere regionale Lega Nord e il deputato della Lega Guglielmo Golinelli – sono inopportune e gravi. Un dirigente Ausl non dovrebbe permettersi di ironizzare su un virus che si sta diffondendo sempre di più e che ha già mietuto diverse vittime. Il lauto stipendio dei dirigenti sanitari posizionati dalla politica del Pd nei ruoli che ricoprono e i premi, e i bonus, che vengono loro costantemente riconosciuti non dovrebbero farli sentire superiori al dovere di rispondere con correttezza e professionalità alle domande, alle sollecitazioni e anche alle critiche dei cittadini”.

“Affermazioni – aggiungono i due leghisti – come quelle pubblicate sul profilo Fb personale di Annicchiarico non sono consone a un Dg e cercano di sviare l’attenzione dai doveri e dalle competenze che l’Azienda sanitaria è tenuta a mettere in atto per eliminare o perlomeno arginare il problema”.

Quelli che Annicchiarico elenca sono “semplicemente doveri che qualsiasi ente avrebbe messo in campo davanti ad una situazione come quella del virus che sta dilagando soprattutto nella nostra regione”, aggiungono Bargi e Golinelli “quello invece che noi chiediamo come rappresentanti dei cittadini, è che dirigenti profumatamente stipendiati e certamente competenti ma posizionati, comunque, da una assegnazione politica degli incarichi, portino risposte più concrete efficaci ed innovative rispetto a quelle prodotte fino ad oggi”.

“Invece di sbizzarrirsi sui social network – concludono – Annicchiarico, dovrebbe concentrare tutte le sue energie e le competenze da professionista per combattere la diffusione di questa grave malattia”.

Inoltre, il consigliere Bargi ha depositato martedì 18 settembre un question time a cui l’assessore alla Sanità Venturi dovrà rispondere già durante la prossima seduta assembleare martedì 25 settembre 2018.

https://www.sulpanaro.net/2018/09/west-nile-bufera-sul-direttore-generale-dellausl-massimo-annichiarico/

Erga omnes

Il guaio è che lo hanno fatto anche i 5 stelle , che forse non si rendono conto che già adesso nel mirino c’è anche l’Italia.

Quello che, per loro stessa formazione sfugge al movimento che si rifiuta di diventare partito, è che una legge, una volta approvata, vale per tutti; lo stesso errore lo fecero con le pensioni: se cambi il sistema di calcolo per alcuni il provvedimento poi si estende anche agli altri.

Purtroppo i giovani  non riescono a coniugare al plurale la libertà individuale.

Concessioni servizi

Dunque, a 18 anni dal suo avvio, non solo la liberalizzazione delle concessioni non si è verificata (non portando quindi ad alcun miglioramento nella qualità del servizio, ammesso che ciò sia di per sé possibile), ma il servizio stesso è sempre più rischioso per la sicurezza dei cittadini, a causa del possibile cedimento degli impianti di distribuzione più vecchi.

Posto che un certo riordino del settore resta comunque necessario, dalla storia dei servizi idrico, telefonico, energetico, così come da altre più recenti e purtroppo ben più tragiche vicende, si dovrebbe trarre la conclusione che il servizio a rete fornito da grandi soggetti privati non porta di per sé a nessun reale calo delle tariffe e/o miglioramento della qualità del servizio.

Il grande soggetto privato massimizza il profitto, come è nella sua natura, attraverso economie di scala, risparmio di costi, aumento dei prezzi, ma ciò non comporta automaticamente un reale miglioramento del servizio per chi ne usufruisce. Né si traduce in un calo delle tariffe (o prezzi). A meno che il concedente si incarichi di una attività molto impegnativa di stringente controllo. Se le leggi glielo consentono, però: spesso questa attività è in capo ad Autorità di settore prive di effettivi poteri sanzionatori e di controllo.

estratto da http://appelloalpopolo.it/?p=44291

Elogio della prima Repubblica

In questa calda estate italiana, tuttavia, non solo i ponti crollano, ma si vanno sgretolando i muri di menzogne e falsificazioni innalzati dall’inizio degli anni 90, allorché, finito il comunismo, gli Usa abbandonarono al loro destino il sistema potere basato sulla DC, il PSI, le partecipazioni statali, alcune grandi industrie e alcune banche d’affari (Mediobanca). L’esito è stato la svendita di gran parte della ricchezza nazionale attraverso privatizzazioni pilotate da un gruppo di potere intercollegato a centrali estere anglo americane e francesi. I gioielli dell’economia, dell’industria, della ricerca, della finanza sono stati svenduti e solo oggi, dopo 25 anni si squarcia il velo, dopo la caduta di un ponte pagato con il denaro di tutti e affidato in concessione a un privato, Autostrade della famiglia Benetton, che ha guadagnato miliardi e reinvestito spiccioli nella manutenzione, senza alcun interesse per un piano infrastrutturale. Le condizioni della concessione stanno emergendo come scandalosamente contrarie all’interesse erariale e nazionale, una specie di patto leonino alla rovescia, in cui tutti gli oneri stanno dalla parte pubblica (la proprietaria!), tutti i vantaggi da quella privata. Sta venendo a galla un groviglio di interessi e di meccanismi, a partire del finanziamento dell’operazione, che sanno di tradimento del popolo italiano. Il governo ha finalmente battuto un colpo, impegnandosi a sottrarre la concessione al gruppo Autostrade. Lo stuolo di legali di alto livello messo in campo da lor signori è capitanato da personaggi della politica e delle istituzioni di lunghissimo corso come Paola Severino e Giovanni Maria Flick. Ex ministri, ex membri della Corte Costituzionale giunti al rango di presidente, ex dirigenti di tutto. Personalità di altissima professionalità, ovviamente, ma, guarda caso, membri di quei centri di potere riuniti attorno a Romano Prodi, protagonisti delle privatizzazioni, delle modalità di adesione all’unione europea e di tutti gli eventi che hanno segnato la storia recente.

Per la prima volta il velo si sta squarciando e una parte maggioritaria degli italiani comincia ad aprire gli occhi. Doveva cadere un ponte, uccidere innocenti, ferire a morte una regione intera, affinché diventasse patrimonio di verità la parola inascoltata dei pochi che hanno gridato per anni, vox clamantis in deserto, voce di chi urla nel deserto, come Giovanni il Battista. Complottisti, mentitori, estremisti per un quarto di secolo, adesso risulta che avessero ragione. Un’inchiesta di questi giorni, a proposito della privatizzazione delle banche pubbliche che controllavano tra l’altro Bankitalia, ipotizza che siano state cedute a un decimo del valore reale. Dovremmo citare la Sme, la chimica, l’Enel, l’agroalimentare, l’abbandono folle della siderurgia (chi fornirà i materiali per il nuovo ponte in acciaio?), un elenco talmente lungo da occupare pagine intere.  A cose fatte, a Italia fatta a brandelli, venduta, regalata, offerta al minor offerente, veniamo a sapere che i protagonisti sono ancora in sella, alcuni ai vertici delle società private che hanno smantellato da boiardi pubblici e da politici infedeli. Eppure Mani Pulite venne fatta passare come una benefica operazione contro la corruzione, che c’era, eccome e chi la denunciava anche alloraera sbeffeggiato, perseguitato, deriso. I corruttori- l’industria, l’economia, la finanza – vennero fatti passare per vittime, sia pure ben disposte adaprire il portafogli. Il popolo applaudì, voltando le spalle al sistema che, pur tra mille difetti e gravissime ombre, aveva comunque accompagnato la ricostruzione dopo la tragedia del 1945. Ebbero un sacco di colpe, ma non smantellarono il buono costruito prima di loro (l’Iri e il sistema bancario) e, attraverso uomini come Enrico Mattei – ucciso nel 1962 – Adriano Olivetti e tanti altri, portarono l’Italia all’avanguardia.

Roberto Pecchioli

estratto da https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=60940

Teoria e pratica

I due corni del dilemma ci paiono lo scarto enorme tra legge formale e sua applicazione, a partire dalla Costituzione materiale che ha ampiamente sostituito quella scritta, e l’accettazione della supremazia del diritto dell’Unione Europea sulla legislazione nazionale. A latere, si consolida il potere di varie burocrazie in grado non solo di bloccare quanto loro sgradito, ma di orientare la legislazione ed esercitare un potere di fatto che rende debolissime le istituzioni politiche e tiene in scacco i cittadini. I grandi temi si infrangono nella dura lotta di ogni giorno, per cui lo Stato di diritto è un sogno allorché si tratta di ottenere una prestazione sanitaria o un’analisi clinica in tempi ragionevoli, viaggiare sui mezzi pubblici puliti, rispettosi degli orari, dove chi paga il biglietto non è un fesso e dove i prepotenti e i disonesti non sono tollerati, vivere in città dalle quali siano cacciati malviventi domestici e d’importazione.

Lo Stato di diritto diventa facezia che non muove al riso nel caso dei ventimila insegnanti di ruolo tornati precari per una sentenza del Consiglio di Stato, poiché in Italia i gruppi di pressione si organizzano e rendono difficile la vita quotidiana e l’azione legislativa. Nel piccolo, lo Stato di diritto è assente allorché milioni di pensionati devono rendere complesse dichiarazioni periodiche per ottenere detrazioni e richiedere diritti che non valgono una volta per tutte. Diventa vano chiedere legalità, al di là delle pompose liturgie del potere, in una nazione nel quale oltre il 90 per cento dei furti resta impunito e spesso non è neppure denunciato, tanto non ci sarebbero indagini se non in casi clamorosi, con grande gioia di farabutti per i quali vige un particolare ius soli, poiché scelgono volentieri l’Italia come patria di elezione. Di rapine e estorsioni impunite siamo maestri per merito delle mafie che, vergogna nazionale, abbiamo largamente esportato.

Il potere reale, si sa, è esercitato dal denaro. Le vessazioni delle banche sono esperienza di tutti. Sappiamo tutti quanto pesano le spese incomprensibili, le difficoltà opposte spesso al prelevamento e all’uso del proprio denaro, per tacere gli ostacoli per prestiti e mutui, le autentiche vessazioni a carico di chi è in difficoltà, senza che esista un’autorità cui ricorrere, un sistema di difesa contro il potere devastante del denaro che svuota la democrazia.

Ma, avverte Karl Popper, viviamo in una società aperta, la migliore possibile nella storia. Tanto aperta che varie leggi limitano il libero pensiero, in barba all’articolo 21 della Costituzione. Negli ultimi anni la stretta si è fatta più soffocante, toccando temi come la cosiddetta omofobia, il divieto di esprimere preferenze o antipatie, ridefinite in blocco discriminazioni. Un’medico, la dottoressa Silvana De Mari, è processata per aver espresso un’opinione clinica sulla pericolosità di certi rapporti sessuali, ogni riunione pubblica di gruppi sgraditi al sottopotere di fatto è un percorso di guerra burocratico che nega clamorosamente il diritto di “riunirsi pacificamente e senz’armi”, un diritto risalente allo statuto albertino del 1848.

Le scarcerazioni di malavitosi incalliti sono facili e frequenti, e non è colpa di magistrati faciloni se le norme esistono. La libertà personale viene negata a qualcuno, ma lasciata con impudenza a stupratori e spacciatori, fino a una sentenza che ne ha liberato uno in quanto l’attività di spaccio è il mezzo di sussistenza di quel gentiluomo. Sicari professionisti, borseggiatori e truffatori sono avvertiti, specie se stranieri. Lo Stato di diritto, infatti, pare applicarsi con maggiore elasticità ai non italiani. Le carceri sono strapiene, tanto da divenire un inferno non per la severità della legge, ma per i posti limitati, con la conseguenza che si promulgano normative e dettano circolari tese a svuotarle, ma non risulta un piano di costruzione di nuove prigioni per rinchiudervi chi lo merita.

Molte leggi italiane soffrono di un difetto che affligge anche le Costituzione: dicono e non dicono, affermano e contemporaneamente derogano. Spesso rimandano a regolamenti che non vengono emessi o contrastano con la norma, per la gioia degli avvocati che, legittimamente, resistono nei processi e dai processi. L’ipertrofia legislativa unita alla scarsa applicazione pratica deve essere un difetto permanente del nostro popolo, se già Dante scrisse “le leggi son, ma chi pon mano ad esse?” e Alessandro Manzoni citò le grida, ovvero i decreti del tempo dei Promessi Sposi, che nessuno osservava e l’autorità ignorava.

Roberto Pecchioli

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