Panopticon

Che ormai si sia sull’orlo della follia o del crimine non c’è alcun dubbio: se il sistema risponde all’evidente fallimento dei vaccini non fermando le campagne per l’iniezione e revocando le ignobili misure per imporle, ma decidendo di continuare le dosi ad oltranza pur sapendo benissimo che non potranno risolvere nulla vuol dire che le classi dirigenti devono assolutamente essere cacciate via. In meno di un anno dall’inizio delle campagne vaccinali si è arrivati alla terza dose, senza tuttavia fermare l’ondata di contagi o meglio di supposti contagi, vuol, dire che bisognerà fare la roulette russa ogni due mesi per una malattia con una mortalità inferiore all’influenza E si cerca di rimediare manipolando o sottraendo i dati come sta accadendo in Gran Bretagna dove alle statistiche complete fornite dal Public Health England, si sono succedute quelle monche dell’ UKHSA che non riportano alcune per colonne per nascondere a un occhio non allenato alle operazioni aritmetiche più semplici l’efficacia zero, anzi negativa del vaccino. Siamo alla follia se come alcuni brillanti analisti cominciano a sospettare che le carenze di merci e di alimentari in Usa sia stata deliberatamente voluta, così come sappiamo con certezza che in Europa si sono deliberatamente scelti meccanismi che hanno portato alle stelle il costo del gas.

estratto da https://ilsimplicissimus2.com/2021/10/31/evadere-in-massa-dal-panopticon/

In retromarcia

Con Draghi sembra di rivivere l’epoca di Monti: non solo richiama la Fornero, ma si inalbera con i sindacati su argomenti che speravamo morti e sepolti, come dimostra questo articolo ripescato da bondeno.com del 4 settembre 2006

Inserito da arabafenice Lunedì, 04 settembre 2006 alle 00:00:00 CEST Puntualmente ogni anno, più o meno nello stesso periodo, si discute sempre delle medesime cose e, purtroppo senza avere mai approfondito, nel frattempo, la conoscenza del problema. Per questo riteniamo di fare cosa utile ripubblicando questo articolo di L.Gallino estratto dal libro consigliato in nota.

LE VARIABILI NASCOSTE DEL DIBATTITO SULLE PENSIONI
Vi sono fenomeni della natura di cui è possibile costruire una spiegazione, seppur complicata, solo se si assume che esistano delle variabili nascoste alla percezione dell’osservatore. Esistono invece dei fenomeni sociali che vengono spiegati con grande semplicità dallo stesso osservatore nascondendo al pubblico la maggior parte delle variabili. Rientrano in questa categoria le proposte di riforma delle pensioni ipotizzate dal governo. Esse fanno seguito alle sollecitazioni da tempo trasmesse da istituzioni quali la Commissione Europea, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca d’Italia, la Con-findustria, di recente anche la Corte dei Conti.
In tali proposte e sollecitazioni sono sempre poste in primo piano due variabili il cui peso nessuno può negare. La prima è l’invecchiamento della popolazione. Da un lato è aumentato e continuerà ad aumentare il numero di persone che vivono più a lungo che non una o due generazioni fa; dall’altro, la caduta dei tassi di natalità ha fortemente ridotto il numero dei giovani che entrano nel mondo del lavoro. Perciò i contributi versati via via dagli occupati non basteranno più, in prospettiva, a pagare le pensioni di chi ha lasciato il lavoro. La seconda variabile è l’incidenza delle pensioni pubbliche sul Pil. Essa toccava già al 2000 il 13,8 per cento, ma potrebbe salire di quasi due punti tra il 2030 e il 2040, per ridiscendere poi al 14 per cento verso il 2050. Il bilancio dello Stato, si ricorda, non potrebbe sopportare un simile onere, men che mai a fronte delle esigenze del patto di stabilità adottato dalla UE.
Se ci si limita a considerare le suddette variabili, come in genere avviene, gli interventi da compiere sul sistema pensionistico appaiono predefiniti e inevitabili. Bisogna elevare al più presto l’età di pensionamento, a cominciare dalle pensioni d’anzianità. Al tempo stesso si dovrebbe tagliare il livello delle pensioni a venire, mediante dispositivi quali, per dire, il passaggio generalizzato al metodo contributivo, che porta a calcolare la pensione non sulla base della retribuzione degli ultimi anni di lavoro, bensì sulla base di quanto effettivamente versato nell’arco della vita lavorativa. In tal modo si otterrebbe di farle scendere di parecchi punti percentuali al disotto del livello attuale, che corrisponde in media a un po’ meno del 70 per cento dell’ultima retribuzione percepita (il che non è propriamente un lusso). In questa direzione si muovono appunto i progetti di riforma approvati dal governo.
Ciò nondimeno il problema pensioni non è formato solamente da variabili quali l’invecchiamento della popolazione o l’incidenza della spesa pensionistica sul Pil. Ve ne sono parecchie altre che dovrebbero entrare a pari titolo nel pubblico dibattito. Una di queste è la produttività, intesa come quota di Pil prodotta per ora di lavoro. Si stima che essa cresca, in media e a lungo periodo, tra l’1 e il 2 per cento l’anno. Rivisitate tenendo presente questa variabile, le previsioni circa il futuro andamento del rapporto tra le persone in età lavorativa (15-64 anni) e gli over 65 che si trovano nei rapporti della Ce perdono gran parte della loro drammaticità. Infatti, ammesso che si passi dalla situazione odierna – quattro persone in età lavorativa per un anziano – a un rapporto di 2 a 1 al 2050, l’aumento cumulativo della produttività significa che i due lavoratori del 2050 produrranno una quota di Pil, in termini reali, all’incirca equivalente a quella dei quattro lavoratori di oggi. I due lavoratori di domani non faranno quindi più fatica dei quattro di oggi a sopportare l’onere di pagare la pensione a un anziano.
Si può obiettare al riguardo che non è pensabile che tutto l’incremento di produttività se ne vada nel finanziare le pensioni del futuro. L’obiezione starebbe in piedi, se non inciampasse subito in un’altra variabile nascosta, il peso relativo dei redditi da lavoro sul Pil. Secondo vari indicatori esso è fortemente diminuito negli ultimi due decenni. Una ricerca pubblicata a metà 2003 dall’Ires-Cgil stima che la quota del monte retribuzioni lorde sul Pil abbia perso in tale periodo oltre 6 punti percentuali, scendendo dal 36,1 per cento al 30 per cento. Un’altra ricerca dell’Università di Pavia ha calcolato in oltre 7 punti percentuali la riduzione della quota di Pil disponibile alle famiglie consumatrici negli anni ’90.
Sei-sette punti di Pil non sono inezie: in moneta attuale equivalgono a 80-90 miliardi di euro l’anno. Ora, poiché le pensioni non sono altro che retribuzioni differite, un taglio alle pensioni aggiungerebbe col tempo a tale salasso, già subito dai redditi da lavoro, un’altra sottrazione dell’ordine di decine di miliardi di euro l’anno. Anche dei liberali come Ronald Dworkin, Michael Walzer, o Amartya Sen, avrebbero difficoltà ad ammettere che saremmo qui in presenza di eque forme di uguaglianza, o di un’accettabile giustizia sociale.
Vi sono poi alcune variabili, pur esse finora nascoste nel dibattito sulle pensioni, identificabili nella qualità del lavoro che le persone svolgono, e nell’uso della forza lavoro che le imprese fanno. Si pretenda da una persona di svolgere per decenni un lavoro che a causa del modo in cui è organizzato e dell’ambiente in cui ha luogo è logorante per le braccia e per la mente, o è ciecamente subordinato e ripetitivo, o tutt’e due le cose insieme. Non ci si dovrebbe stupire se appena si avvicina a maturare i requisiti necessari quella persona stessa si accinge ad andare in pensione, anche se è ancora relativamente giovane. Naturalmente non v’è dubbio che realizzare forme di organizzazione del lavoro più rispettose delle persone, dei loro bisogni di creatività, di un lavoro che abbia un senso, di riconoscimento, sia assai più difficile che non emanare un decreto che impone loro di andare in pensione due o cinque anni più tardi.
Quanto alle imprese, sarebbe opportuno richiedere a esse un piano dettagliato in cui spiegassero come pensano di conciliare le loro insistite richieste di allungamento dell’età lavorativa, con le loro pratiche quotidiane di assillante ricerca di forza lavoro sempre più giovane. Le ragioni di tali pratiche sono chiare: i giovani posseggono nozioni culturali e tecniche più aggiornate. Soprattutto costano meno. Ma occorrerebbe pur mettere riparo, almeno sul piano della forma, a una situazione che vede il massimo dirigente di un’azienda tenere a un convegno una relazione circa l’assoluta necessità di ridurre l’incidenza del carico pensionistico sul Pil, elevando fortemente l’età di pensionamento in modo da recuperare risorse per «la competitivita e lo sviluppo»; intanto che, lo stesso giorno, il suo direttore del personale spiega a un tecnico, un quadro, un operaio, o una dirigente, che a quarantacinque anni le loro competenze sono ormai obsolete, ergo in azienda non c’è più posto per loro.
Introdurre nel dibattito sulle pensioni le variabili finora nascoste non aiuterebbe presumibilmente ad accelerare una riforma del sistema, quand’anche si continuasse a reputarla indispensabile. Ma potrebbe servire a dimostrare che essa è forse meno urgente di quanto non si dica. Soprattutto conferirebbe maggior equilibrio al dibattito. Finora la scena, si dovrebbe riconoscere, è stata dominata dagli argomenti cari, e utili, a una parte sola.
[pubblicato su Repubblica l’8/7/2003]


Nota: Luciano Gallino , Italia in frantumi, 10.20 euro (sc.15%)
notare come Repubblica invece sia cambiata

Riepilogando

Dopo questa inquietante cronostoria, arriviamo alle ultime notizie e agli ultimi dati scientifici emergenti, infatti, secondo il nuovo rapporto aggiornato dell’Istituto superiore della Sanità (Iss) riguardo alla mortalità per il Covid-19, il virus avrebbe causato un numero di morti assai inferiore a quello causato da una comune influenza. Solo il 2,9 per cento dei decessi registrati dalla fine del mese di febbraio 2020 sarebbe determinato dal Covid-19, perciò dei 130.468 decessi computati dalle statistiche ufficiali solamente 3.783 sarebbero morti a causa del virus. Infatti, dal citato report emerge che il resto dei deceduti soffrivano di diverse patologie, che secondo lo stesso Iss lasciavano loro pochi margini di vita.

In particolare, il 67,7 per cento avrebbe patito più di tre malattie contemporaneamente, mentre il 18 per cento ne avrebbe sofferto contemporaneamente due. Dopo questa elencazione statistica, se si evince che non è stato il Covid-19 a causare una percentuale alta di decessi, con quale criterio scientifico, i Governo Conte e ora il Governo Draghi, con il loro ministro Speranza e “l’onnisciente” Comitato tecnico scientifico, hanno imposto tutte queste restrizioni (peraltro incostituzionali nel merito e nel modo con cui sono state legiferate)!? La risposta risiede nella natura delle vere motivazioni che hanno determinato tutto ciò, che non è scientifica ma è politica. Infatti, rimane indelebile il ricordo di quando all’inizio della diffusione del virus l’Iss e la Protezione civile, durante le loro quotidiane conferenze stampa, minimizzavano sulle cause dei decessi, attribuendole ad altre patologie pregresse e non al Covid-19, per poi sostenere la tesi completamente opposta, per incentivare la campagna vaccinale.

Quindi è iniziata la sistematica e martellante campagna mediatica del terrore, secondo la quale i farmaci anti Covid-19 erano l’unico strumento per salvare l’umanità, al punto che lo stesso Draghi affermava, durante una sua conferenza stampa, il falso, ossia che chi si vaccina non contagia e non si contagia e chi non si vaccina è condannato a morire, una tesi smentita ripetutamente dal suo stesso Cts e anche dal suo ministro delle Infrastrutture e delle Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, durante la sua partecipazione a una puntata del programma televisivo “Porta a Porta”, lasciando incredulo e sbigottito il suo stesso presentatore, Bruno Vespa, che non riuscì a trattenersi dal proferire l’osservazione “allora è una presa in giro”.

Inoltre, a peggiorare la situazione in cui si trovano i responsabili di questa deriva terroristica, di cui prima o poi dovranno rispondere, è intervenuto il British Medical Journal, una delle riviste scientifiche più prestigiose al mondo, il quale ha recentemente affermato che “i livelli di malattia dopo la vaccinazione non hanno precedenti e il personale si ammala gravemente e alcuni presentano sintomi neurologici che stanno avendo un enorme impatto sulla funzione del servizio sanitario. La vaccinazione obbligatoria in questo caso è senza senso, immorale e irresponsabile quando si tratta di proteggere i nostri lavoratori e la salute pubblica (…). Questi prodotti vaccinali non forniscono immunità, né prevengono la trasmissione. In tal caso perché lo stiamo facendo? Non ci sono dati di sicurezza longitudinali (solo pochi mesi di dati di studio nelle migliori delle ipotesi) e questi prodotti sono approvati solo per uso emergenziale. La coercizione e l’obbligo di cure mediche sui nostri dipendenti, sui membri del pubblico, specialmente quando i trattamenti sono ancora in fase sperimentale, sono saldamente nel regno di una distopia nazista-totalitaria e ben oltre i nostri valori etici (…)”.

Dopo questa dettagliata analisi dei fatti, voglio porre proprio a voi lettori delle domande che mi sorgono spontaneamente, non pensate che sia sempre più palese la responsabilità di tutto un sistema, ossia del mainstream, delle Istituzioni e in particolare di Conte e di Draghi e dei loro rispettivi Governi con il ministro Speranza!?

Non pensate che la loro responsabilità possa essere suscettibile di imputazione del reato configurato nel dispositivo dell’articolo 658 del Codice penale: “Chiunque, annunziando disastri, infortuni o pericoli inesistenti, suscita allarme presso l’Autorità, o presso Enti o persone che esercitano un pubblico servizio, è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda da euro 10 a euro 516”!? Il suscitato allarme configurato nel citato dispositivo è l’elemento costitutivo del reato, inteso come evento di pericolo. Perché sussista l’esistenza di questo reato è sufficiente che l’annuncio di disastri o pericoli (come appunto può essere quella di dichiarata pandemia) inesistenti sia idoneo a suscitare allarme ingiustificato e quindi a configurare la responsabilità per la commissione di un illecito.

Inoltre, non pensate che sia illegittimo l’atto commesso dal Governo Draghi con l’imposizione della somministrazione di farmaci ancora sperimentali e quindi non pensate che abbia violato di conseguenza l’ultimo comma dell’articolo 32 della Costituzione, secondo il quale “la Legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”!? Infatti, il suddetto articolo costituzionale presuppone che nessuno possa imporre o indurre alcuno a ricevere un trattamento sanitario obbligatorio qualora esso non sia effettivamente proficuo per la tutela della salute della collettività e siccome questi farmaci sono ancora sotto sperimentazione o più precisamente come afferma il sito dell’Aifa, ancora sotto sorveglianza, non danno alcuna certezza scientifica che possono tutelare la salute della collettività, anzi rappresentano un pericolo per gli effetti collaterali che questi stessi farmaci possono generare nel medio e lungo termine, dal momento che quelli immediati, in diversi casi, sono già emersi (nonostante i tentativi di dissimulazione del mainstream). La salute individuale e collettiva non può essere compromessa da interessi politici o farmaceutici, come invece dai suddetti dati statistici e scientifici riportati emergerebbe.

estratto da http://www.opinione.it/politica/2021/10/25/fabrizio-valerio-bonanni-saraceno_covid-epidemia-mattarella-draghi-cossiga/

Essere servi

In realtà tutta la narrazione pandemica è frutto di due cose: i dati sballati di cui ora Bechis prende visione e una sottrazione di informazione poiché ogni notizia che non fosse in linea veniva considerata disinformazione e naturalmente frutto di malvagio complottismo.

Ora mi chiedo perché Bechis e i suoi colleghi abbiano volontariamente deciso di non ragionare e di considerare qualsiasi argomentazione logica, razionale o basata sull’evidenza  e qualsiasi dato come frutto di negazionismo. Cos’era amore incondizionato per una scienza che per la maggior parte dei giornalisti costituisce un assoluto mistero o amore per la carriera, la visibilità, lo stipendio e quant’altro? Ai posteri l’ardua sentenza sul periodo più orribile e che l’informazione abbia mai vissuto.

Se

Ieri sera di ritorno da Trieste, mi sono fermato a Bologna per una conferenza in piazza su invito dell’amico Federico Roberti.Al termine dell’evento siamo andati a mangiare un boccone prima di rimetterci in viaggio verso Roma.

Faceva freddo, ero senza voce per via del presidio al porto. Con me c’era mio figlio di due anni.Ebbene, essere costretti a mangiare da soli in mezzo alla strada in queste condizioni, è stata una delle esperienze più umilianti della mia vita. Vedevo dalla vetrina le persone all’interno del locale, al caldo, che conversavano spensierate, mentre noi ce ne stavamo fuori tutti imbacuccati come clochard, su sedie di metallo fredde come il marmo.

Mentre ero lì, seduto accanto a mio figlio, mi è ritornata alla mente la poesia “Se” di Rudyard Kipling.Te la dedico con tutto il cuore piccolo Alberto. Anche se faceva freddo, noi eravamo più al caldo di loro.

“Se saprai mantenere la testa quando tutti intorno a tela perdono, e te ne fanno colpa.Se saprai avere fiducia in te stesso quando tutti ne dubitano,tenendo però considerazione anche del loro dubbio.Se saprai aspettare senza stancarti di aspettare,O essendo calunniato, non rispondere con calunnia,O essendo odiato, non dare spazio all’odio,Senza tuttavia sembrare troppo buono, né parlare troppo saggio;Se saprai sognare, senza fare del sogno il tuo padrone;Se saprai pensare, senza fare del pensiero il tuo scopo,Se saprai confrontarti con Trionfo e RovinaE trattare allo stesso modo questi due impostori.Se riuscirai a sopportare di sentire le verità che hai dettoDistorte dai furfanti per abbindolare gli sciocchi,O a guardare le cose per le quali hai dato la vita, distrutte,E piegarti a ricostruirle con i tuoi logori arnesi.Se saprai fare un solo mucchio di tutte le tue fortuneE rischiarlo in un unico lancio a testa e croce,E perdere, e ricominciare di nuovo dal principiosenza mai far parola della tua perdita.Se saprai serrare il tuo cuore, tendini e nervinel servire il tuo scopo quando sono da tempo sfiniti,E a tenere duro quando in te non c’è più nullaSe non la Volontà che dice loro: “Tenete duro!

”Se saprai parlare alle folle senza perdere la tua virtù,O passeggiare con i Re, rimanendo te stesso,Se né i nemici né gli amici più cari potranno ferirti,Se per te ogni persona conterà, ma nessuno troppo.Se saprai riempire ogni inesorabile minutoDando valore ad ognuno dei sessanta secondi,Tua sarà la Terra e tutto ciò che è in essa,E — quel che più conta — sarai un Uomo, figlio mio!

Dalla bacheca di Giorgio Bianchi.

De profundis

di

Manlio Lo Presti15 ottobre 2021Satanismo e de profundis infinito dell’Italia

Oggi l’Alitalia non esiste più dopo 75 anni grazie ad una serie di giochini contabili e di politici complici. Parte del personale in volo viene riassunto con stipendi letteralmente dimezzati, e il sindacato tace, anche sui bassissimi trattamenti economici per il personale a terra. I sindacati maggiori, i governi in carica, i politici, gli organismi europei di controllo hanno taciuto e continuano a tacere! I voli sono ridotti all’osso. Le tratte brevi sono coperte da compagnie aeree non italiane. Il sindacato, gli organi di controllo statali ed europei continuano a tacere sulla massiccia intrusione di operatori esteri!

Hanno distrutto l’Ilva, che produce acciaio migliore rispetto a quello tedesco, con la scusa dell’inquinamento che esiste da decenni e i governi e i sindacati, da sempre inermi, si sono svegliati da poco tempo, chissà perché.

Hanno distrutto il Monte dei Paschi di Siena dopo oltre 540 anni di presenza attiva nei territori e con forte un valore aggiunto nel campo della cultura mondiale, per soddisfare interessi di un partito monocratico che continua ad essere votato in massa da coloro che hanno subito il maggior danno, e gli organi di controllo italiani e soprattutto comunitari zitti e fermi! Hanno scientificamente raso al suolo il sistema creditizio e assicurativo italiani in favore di concorrenti germanici, francesi e spagnoli, con danni enormi per centinaia di migliaia di risparmiatori, reati per i quali nessuno dei responsabili ha pagato con la carcerazione!

Hanno raso al suolo le piccole e medie imprese per far confluire gli importanti flussi commerciali verso i colossi della distribuzione prevalentemente francesi che raccolgono i ricavi girandoli all’estero semplicemente premendo un tasto del computer. In Italia rimangono le briciole rappresentate da stipendi da terzo mondo al loro personale, e i governi, i sindacati e le associazioni di categoria inefficaci o volutamente con la testa girata da un’altra parte.

Hanno raso al suolo le ferrovie italiane, con la concorrenza di linee private di proprietà di cordate francesi e del nord Italia.

Queste vicende sono la parte finale, ma purtroppo non conclusa, di un processo pianificato a tavolino di deindustrializzazione del nostro Paese. Un depauperamento che ha favorito la concorrenza spagnola, francese, tedesca nel campo. Ha causato arretramenti nei settori della distribuzione, dei trasporti via aria, delle banche, delle assicurazioni, della moda, del traffico portuale, di pescosissime aree marine al nord della Sardegna da assegnare ai francesi, operazione poi rientrata.

Fra i primi che hanno denunciato il progressivo collasso del sistema produttivo e sociale italiani abbiamo il professor Luciano Gallino che fu isolato, inascoltato, condannato alla irrilevanza ed infine dimenticato. La letteratura storica, politica ed economica prevalente, per motivi di praticità tassonomica, fa partire il processo di demolizione programmata nazionale dal 2 giugno del 1992. La data è il punto di partenza della “Teoria del Caos”.

continua su https://terzapaginainfo.wordpress.com/2021/10/17/resilienza/

La storia si ripete

La Restaurazione, sul piano strettamente storico-politico, è il processo di ristabilimento del potere dei sovrani assoluti in Europa e il tentativo anacronistico, in seguito alle sconfitte militari di Napoleone, di ritornare all’Ancien Régime (“antico regime”) precedente la Rivoluzione francese.

Essa ha inizio con il congresso di Vienna che durò dal 1º novembre 1814 al 9 giugno 1815 (secondo altre datazioni dal 18 settembre 1814 e al 9 giugno 1815). L’assemblea fu convocata dalle grandi potenze per ridisegnare i confini europei (gli imperi di Austria e Russia e i regni di Prussia e Gran Bretagna e Irlanda). In senso più ampio, per Restaurazione si intende il movimento reazionario teso a contrastare le idee della Rivoluzione francese, diffuse in tutta Europa dagli eserciti napoleonici. Da questo punto di vista, essa si presenta come un fenomeno che trascende il piano puramente politico per estendersi a quello culturale. L’età della Restaurazione si fa infatti coincidere in letteratura con il Romanticismo e in filosofia con l’Idealismo. Essa può considerarsi conclusa con i moti del 1830-1831.[1]

così Wikipedia…

Barillari e Cunial barricati in Regione

C’è chi dice no nella Regione Lazio. Sono i consiglieri Davide Barillari e Sara Cunial, deputata ex Movimento Cinque Stelle, che hanno annunciato di essere “barricati” negli uffici del Consiglio. Barillari, su Facebook, ha scritto: “Sono entrato nel mio ufficio senza Green pass e senza tampone. Da questo momento aspetto le forze dell’ordine che mi dicano che non posso più stare nel mio ufficio a lavorare, aspetto che le autorità di questo Stato, che dovrebbero difendere la Costituzione della Repubblica italiana, mi vengano a prendere per farmi uscire con la forza. Io non opporrò resistenza: il mio è un atto simbolico, politico, istituzionale, per svegliare le coscienze. Io rispetto la Costituzione italiana.”.

http://www.opinione.it/politica/2021/10/15/mimmo-fornari_green-pass-lavoro-venerd%C3%AC-proteste/

Ve lo dico in musica

Capitano, che hai negli occhi
Il tuo nobile destino
Pensi mai al marinaio
A cui manca pane e vino?
Capitano, che hai trovato
Principesse in ogni porto
Pensi mai al rematore
Che sua moglie crede morto?Itaca, Itaca, Itaca
La mia casa ce l’ho solo là
Itaca, Itaca, Itaca
Ed a casa io voglio tornare
Dal mare, dal mare, dal mareCapitano, le tue colpe
Pago anch’io coi giorni miei
Mentre il mio più gran peccato
Fa sorridere gli dei
E se muori, è un re che muore
La tua casa avrà un erede
Quando io non torno a casa
Entran dentro fame e seteItaca, Itaca, Itaca
La mia casa ce l’ho solo là
Itaca, Itaca, Itaca
Ed a casa io voglio tornare
Dal mare, dal mare, dal mareCapitano, che risolvi
Con l’astuzia ogni avventura
Ti ricordi di un soldato
Che ogni volta ha più paura?
Ma anche la paura in fondo
Mi dà sempre un gusto strano
Se ci fosse ancora mondo
Sono pronto, dove andiamo?Itaca, Itaca, Itaca
La mia casa ce l’ho solo là
Itaca, Itaca, Itaca
Ed a casa io voglio tornare
Dal mare, dal mare, dal mare
Itaca, Itaca, Itaca
La mia casa ce l’ho solo là
Itaca, Itaca, Itaca
Ed a casa io voglio tornareFonte: MusixmatchCompositori: Sergio Bardotti / Lucio Dalla / Gianfranco BaldazziTesto di Itaca © Universal Music Publishing Ricordi Srl.

La stessa cosa era nell’ articolo https://bondenocom.wordpress.com/2021/09/23/elite-contro-popolo/, ma voi distratti dalla fiera non lo avete letto

Informazione di regime

Voi rimanete pure fedeli a TV e giornali e continuate ad ignorare il web:

Macchè, lo sdegno è tutto rivolto alla “piazza nera” dei novax e neofascisti che – cito –in migliaia, autoconvocati per manifestare contro il Green Pass, hanno preso in ostaggio il centro di Roma, abbandonandosi a una guerriglia con le forze dell’ordine che ha preso d’assedio i palazzi delle istituzioni (Palazzo Chigi e Montecitorio) per poi rivolgersi verso il palazzo della Cgil dove dopo l’irruzione gli squadristi hanno devastato la sede nazionale del sindacato”.

E via con le analisi del sentire della marmaglia, quel “milieu di estrema destra, capi ultrà e risentimento che esplode e sconvolge l’agenda politica” che ha scelto come obiettivo della indegna gazzarra “la sede del più grande sindacato italiano” al quale tutte le autorità istituzionali hanno espresso solidarietà incondizionata.

E’ probabile che si stia facendo sempre più strada la sensazione che il covid viene usato come pretesto per tagliare le libertà, i diritti i quali potranno essere conculcati anche quando la narrazione pandemica non potrà più stare in piedi sostituendola con qualche altra emergenza e catastrofe vera, creata o immaginaria che sia.

leggi tutto su https://ilsimplicissimus2.com/2021/10/10/piazza-del-popolo-non-piace-al-potere7/

Lo dicono loro

Chiedono soldi per costruire nuove barriere anti-migranti ai confini, ma soprattutto vorrebbero cambiare, una volta per tutte, le politiche Ue sull’immigrazione puntando a costruire un’Europa sempre più chiusa verso gli stranieri. È il succo di una lettera inviata ieri alla Commissione europea e alla presidenza di turno slovena da 12 Stati ai quali non dispiacerebbe poter attingere al bilancio europeo per innalzare altre e più robuste barriere ai confini esterni dell’Unione. Lettera messa a punto nei giorni scorsi dall’Estonia, ma subito sottoscritta anche da Austria, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Grecia, Ungheria, Lituania, Lettonia, Polonia e Slovacchia e resa pubblica nel giorno in cui in Lussemburgo i ministri dell’Interno dei 27 si incontrano proprio per discutere di immigrazione. L’Europa «ha bisogno di adeguare il quadro giuridico esistente alle nuove realtà» dettate dai flussi migratori, scrivono i 12 firmatari. «Siamo convinti che sia più pertinente e sostenibile concentrarsi su una maggiore protezione delle frontiere, standard comuni per la protezione delle frontiere esterne e la prevenzione degli attraversamenti illegali». Scontata la conclusione proposta: «La barriera fisica sembra essere un’efficace misura di protezione delle frontiere che serve l’interesse dell’intera Ue».

Barriera, anzi barriere, che i 12 vorrebbero finanziate dall’Unione europea, a partire dai muri che Lituania e Polonia stanno costruendo al confine con la Bielorussia per fermare i migranti che il regime di Alexander Lukashenko spinge verso l’Europa.

L’OBIETTIVO della lettera in realtà sembra essere più ambizioso del semplice, per quanto importante, tentativo di far pagare a Bruxelles scelte che sono solo degli Stati membri. Il Piano su immigrazione e asilo presentato l’anno scorso dalla Commissione von del Leyen è infatti ancora fermo al palo e con esso le modifiche chieste dai Paesi del Mediterraneo, delusi dalla mancata riforma del regolamento di Dublino. Paesi che, Italia in testa, vorrebbero una maggiore assunzione di responsabilità nella gestione dei migranti da parte degli Stati membri. Se le richieste avanzate ieri dai 12 dovessero passare equivarrebbe a mettere probabilmente fine per sempre a ogni speranza di riuscire a distribuire i richiedenti asilo tra gli Stati membri. Una svolta «trumpiana» che liquiderebbe quel che resta delle politiche di accoglienza dell’Ue.

DIVERSE LE REAZIONI dei vertici europei alla lettera. Alla scontata adesione della presidenza slovena alle richieste dei 12 (il ministro dell’Interno di Lubiana, Ales Hojs, ha detto che «la Slovenia sosterrà la proposta»), ha fatto da contraltare la freddezza della Commissione Ue e in particolare della commissaria Ylva Johansson, che ha respinto al mittente ogni richiesta: «Se uno Stato membro ritiene che sia necessario costruire una recinzione, lo può fare e non ho nulla da obiettare», ha detto la responsabile agli Affari interni. «Utilizzare fondi dell’Ue per finanziare la costruzione di una recinzione anziché altre attività molto importanti, questo è un altro paio di maniche».

LA LETTERA DEI 12 rappresenta un assist per Matteo Salvini, che infatti non perde l’occasione: «Se ben 12 Paesi europei con governi di ogni colore chiedono di bloccare l’immigrazione clandestina, con ogni mezzo necessario, così sia. L’Italia che dice?», chiede il leader della Lega. In realtà la proposta di alzare nuove barriere non piace a Roma. convinta che la lettera dei 12 no troverà particolare ascolto in Europa. A Lussemburgo al ministra Luciana Lamorgese ha ricordato ancora una volta come gli arrivi più numerosi si registrino ancora via mare e non certo lungo la rotta balcanica, mare sul quale è impossibile innalzare muri di alcun tipo. Ed è tornata a sollecitare Bruxelles a mantenere gli impegni economici presi con i Paesi di origine dei migranti.

Duro, invece, il commento dell’ex medico di Lampedusa, oggi parlamentare europeo S&D, Pietro Bartolo, per il quale ormai «siamo alla sfida finale». «I sovranisti si organizzano e vanno all’attacco. Altro che solidarietà o nuovo patto sull’immigrazione – ha detto Bartolo -. Siamo tornati ai muri e all’incapacità di affrontare un fenomeno che nessuna barriera potrà mai arginare».

https://ilmanifesto.it/muri-anti-migranti-dodici-paesi-chiedono-alla-ue-di-finanziarli/?goal=0_1006d401fe-f275b157e9-127636709&mc_cid=f275b157e9&mc_eid=8842bd4268

Curioso il fatto che intanto noi italiani per andare alla fiera di paese dobbiamo girare col lasciapassare…