Capire prima di tutto

Il disegno per la trasformazione della Russia in una grande Polonia risale in sostanza a Brzezinski, non teneva pero sufficientemente conto della irresistibile ascesa della Cina a protagonista assoluto dell’economia mondiale e dunque del gigantesco appoggio di cui oggi la Russia può godere, senza parlare dell’India e di altri grandi Paesi che si stanno staccando dalla visione unipolare avendone compreso gli enormi svantaggi, perciò esso è stato in qualche modo aggiornato: al posto della semplice implosione della Federazione russa si può, anzi si deve aggiungere la decapitazione dell’ economia europea per evitare che essa si colleghi alla grande Asia il che riproporrebbe il problema sia pure sotto altre spoglie.

Impedire agli europei di acquistare risorse energetiche , monetarie, alimentari dalla Russia dopo averli compromessi in una sporca guerra significa dare un colpo mortale alle loro economie buttandoli fuori dal mercato: essi avranno infatti i prezzi in assoluto più alti di qualsiasi altra parte del mondo.

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Polli alla Kiev

Da due mesi un premier di uno stato estero si aggiunge a altri poteri stranieri nel pretendere, esigere, comandare, chiedere pressantemente aiuti che stanno compromettendo la nostra presenza credibile in un tavolo negoziale, animosi profughi o immigrati già stanziali hanno imposto al loro presenza egemonica nelle piazze del 25 aprile con le loro bandiere e quelle della Nato, il nostro governo taglia lo stato sociale e offende lo stato di diritto stanziando fondi per l’invio di armi a un contendente, applica sanzioni che si ritorcono contro i cittadini per un preteso impegno solidale e morale che impone sacrifici ingiustificati da un punto di vista etico e controproducenti che mirano a un prolungamento e a un’estensione del conflitto.

Magari questo nostro popolo in letargo si sveglia sul pollo alla Kiev. Ma  non c’è da giurarci: questo è il tempo del tradimento, medici che non curano, cronisti che non informano, insegnanti che credono che il loro dovere sia trasmettere i messaggi del pensiero dominante, genitori che costringono i figli a fare da cavie.

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Materie prime

Usciamo dal patetico e dalla retorica. Nella guerra in Ucraina non sono in gioco il Bene ed il Male, il dispotismo e la libertà, ma le materie prime, che, una volta finite in mano russa, determinerebbero danni esiziali all’economia statunitense. Nel Donbass, ci sono riserve di carbone e lignite, per circa 40 miliardi di tonnellate, come a dire quanto basterebbe per 5 secoli di utilizzo. Inoltre, c’è il prezioso litio, nonché tantalio, niobio, berillio, mercurio, ferro, oro e zirconio, oltre a gas e petrolio. Più della metà del gas neon impiegato nel mondo proviene dall’Ucraina. E il 90% viene utilizzato dalle industrie statunitensi dei semiconduttori.

Apple, Facebook, Google chiuderebbero i battenti senza il neon ucraino. Di qui, la guerra, cominciata da Putin e resa infinita da Biden, sulla pelle degli ucraini e – diciamolo – anche a danno di noi abitanti del Vecchio Continente.

fonte: Giancarlo Lehner (Roma, 6 dicembre 1943) giornalista, scrittore e storico italiano.

Festa della Liberazione

di Antonio Amorosi per www.affaritaliani.it – Bologna, celebrano la Resistenza antifascista parlando del Donbass. Aggrediti da ucraini con simboli neonazisti – Per ricordare la Battaglia della Bolognina del 15 novembre 1944 , dove si trova una delle sedi storiche della sinistra italiana (chi non ricorda “la svolta della Bolognina” del 1989), evento simbolico in cui persero la vita una decina di partigiani uccisi da nazisti tedeschi “Oltre il Ponte”, associazione di sinistra, organizza un festival antifascista a Bologna il 23 aprile scorso. Una giornata di festa popolare per aspettare la Liberazione che gli organizzatori arricchiscono con incontri, musica, dibattiti, stand gastronomici, bancarelle in tutta l’area della zona Bolognina.

Alla festa è presente un banchetto di un gruppo “Comitato Ucraina Antifascista” che fa informazione su quanto stia accadendo nelle zone di guerra o almeno dà la sua legittima versione di cosa stia accadendo in quei territori. Il Comitato ha partecipato anche alle altre edizioni della festa per sensibilizzare sui massacri in Donbass, ma allora quasi a nessuno fregava niente di cosa stesse accadendo in Ucraina e quindi il loro lavoro restava pressoché nell’anonimato. Sul banchetto capeggia la bandiera della Repubblica di Lugansk.

Sono circa le 19.00 e un giovane ucraino, passante di lì, comincia a discutere animatamente con una delle organizzatrici. La situazione degenera in fretta, fino a che la donna è costretta a chiudere lo stand del Comitato per evitare il peggio. Il ragazzo viene allontanato dagli organizzatori ma passa alle telefonate.

Dopo poco piombano alla festa una ventina ucraini che parlano perfettamente italiano. Vero o falso che sia, due di loro con abbigliamento da motociclisti, si dicono esponenti di Pravyj Sektor, organizzazione paramilitare ucraina di estrema destra. A loro si aggiunge un terzo che si presenta con i simboli del Battaglione Azov, associato ai neonazisti. C’è tra i presenti anche chi dice di ispirarsi al collaborazionista dei nazisti tedeschi Stepan Andrijovič Bandera. L’alterco rischia di degenerare in qualcosa di più grave. Alla fine, dopo oltre un’ora di urla, aggressività, insulti, minacce e provocazioni i gestori della festa allontano gli ucraini, evitando una degenerazione dello scontro verbale.

La guerra di Mario

Come è ormai banale dire la guerra è stata dichiarata su due fronti, uno esterno in forma di aperta belligeranza e in applicazione del mandato della Commissione a sua volta esecutrice dei comandi Usa e che proprio oggi per bocca della baronessa von der Leyen gorgheggia sulla necessità di irrigidire le sanzioni contro la Russia, e uno interno con l’imposizione di una strategia di razionamenti, di ricorso a approvvigionamenti costosi economicamente e ambientalmente, che incrementa la nostra dipendenza dai signori dell’energia, penalizza le produzioni, porta al fallimento piccole e medie imprese e sta già mettendo sul lastrico migliaia di lavoratori.

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C’era una volta Hollywood

A leggere i giornali sembrerebbe che sia l’Ucraina a suonarle alla Russia, il che è storicamente molto improbabile; quindi cito integralmente un’altra fonte:

“L’operazione militare speciale procede secondo i piani. Naturalmente sono molto attento alle discussioni che si svolgono nella nostra società e anche all’estero, non dobbiamo nascondere nulla al pubblico, ma dobbiamo esaminare le operazioni militari con obiettività. E prima di tutto vorrei ringraziare i soldati e gli ufficiali russi, per il coraggio che dimostrano al servizio della Patria. D’altronde uno scontro con le forze neonaziste e nazionaliste  innescate  e promosse dall’Occidente in Ucraina,  era inevitabile. Era solo questione di tempo. Si sono preparati e hanno aspettato la loro ora. Ma non lo permetteremo. Questa è la logica delle nostre azioni ricordando però che quello ucraino è un popolo nostro fratello , anche nelle tragiche circostanze di oggi.”

Il nazionalismo ucraino, come sappiamo, fu sostenuto nel periodo che precedette la prima guerra mondiale, principalmente dallo stato maggiore austriaco. Per quale scopo? Divide et impera, questa è la logica: dividi il popolo russo e poi mangialo a pezzi.  Esattamente la stessa cosa è successa nella seconda guerra mondiale. Come sappiamo, i pogrom di polacchi ed ebrei non furono commessi dai tedeschi stessi, ma da questa divisione delle SS Galizia, dai Banderisti e da altre formazioni naziste: tutta questa feccia filofascista. ha annientato la popolazione civile, i russi, gli ebrei ei polacchiTutti lo sanno. E ora vediamo nelle immagini della cronaca che nelle zone di combattimento del Donbass ci sono persone con insegne della Divisione SS Galizia. Ciò dimostra che abbiamo agito tempestivamente e correttamente avviando questa operazione e per quanto riguarda quest’ultima sento spesso persone che chiedono se non potrebbe essere condotta  più velocemente. Sì, potrebbe, ma questo ha a che fare l’intensità dei combattimenti. E l’intensità dei combattimenti è purtroppo sempre accompagnata da vittime: il nostro compito è raggiungere tutti gli obiettivi prefissati riducendo al minimo queste perdite e  si procederà al ritmo stabilito fin dall’inizio dallo Stato Maggiore.

Le attività in alcune regioni dell’Ucraina sono esclusivamente legate al blocco delle forze nemiche, all’esecuzione di attacchi contro le infrastrutture militari e a creare le condizioni per azioni più attive sul territorio del Donbass. L’obiettivo di tutta la nostra operazione è aiutare le persone che vivono nel Donbass, che sentono stretti legami con la Russia e che sono state sottoposte a genocidio per otto anni. E adesso? Dopotutto, sia prima della prima guerra mondiale che durante la Grande Guerra Patriottica, una certa parte della società e del popolo ucraino, in particolare quella associata all’ideologia occidentale, fu usata contro la Russia. E anche oggi, di questi tempi, cercano di usarla  in questo modo. Quelli che indossano la divisa con i simboli della Divisione SS Galizia, beh, sono dei bastardi, ma c’è anche chi simpatizza con loro e che non si vede come un nazista, ma come nazionalista. A costo bisogna far capire che l’obiettivo principale dell’Occidente non è sostenere l’Ucraina: essa è solo un mezzo per raggiungere obiettivi che non hanno nulla in comune con gli interessi del popolo ucraino. Questo è il problema e questa è alla base delle nostre azioni in Donbass e in Ucraina nel suo insieme.

Per quanto riguarda Bucha,  ho parlato molto con i miei colleghi dei paesi occidentali fino ad ora. E ogni volta che mi parlano di Bucha, chiedo loro se sono mai stati a Raqqa. Hanno  visto come questa città siriana è stata completamente rasa al suolo dall’aviazione americana? E lì, infatti, i corpi giacevano tra le macerie e si decomponevano per mesi. A nessuno importava, nessuno se ne accorse. Proprio come nessuno ricorda le centinaia di civili uccisi in Afghanistan quando un attacco aereo ha ucciso centinaia di persone a un matrimonio. Silenzio. Ma non c’è stato silenzio quando hanno avviato le provocazioni in Siria, quando hanno simulato l’uso di armi chimiche da parte del governo di Assad che successivamente si è rivelato essere un falso. È Bucha è altrettanto falso.  I documenti consegnati al Servizio di sicurezza federale hanno intercettato conversazioni importanti che dicono  chi, come, con  quali mezzi di trasporto hanno raggiunto le loro posizioni  posizione e hanno creato le condizioni per l’organizzazione di questa provocazione e di questo falso.

Ora, per quanto riguarda i colloqui di pace abbiamo ottenuto alcuni accordi a Istanbul, che prevedevano che le garanzie di sicurezza per l’Ucraina – e l’Ucraina rivendica garanzie di sicurezza molto estese – che non sarebbero state estese al territorio della Crimea e dell Donbass. A ciò sono seguite, come sapete, le nostre azioni per creare le condizioni per il proseguimento dei colloqui di pace Dopo di che abbiamo visto la provocazione a Bucha e abbiamo capito che la parte ucraina ha rinunciato agli accordi di Istanbul. Ma finché non sarà stato raggiunto un accordo l’operazione militare proseguirà fino al suo completo completamento e alla soluzione di tutti i compiti che erano stati fissati all’inizio dell’operazione.”

Come si può notare il tono è fermo ma molto lontano dalle assurde isterie occidentali, che sono tanto più vistose quanto più si avvitano nel torto e nella mistificazione: faccia fede per tutte le accuse di genocidio dei giornaloni  a libro paga della segreteria di Stato Usa.  Putin con questo discorso ha voluto assicurare agli Usa che gli obiettivi che Mosca si era data non verranno ridotti e che più continua la guerra, più essi verranno estesi. Che insomma il dado è tratto.

Ma siamo impazziti?

Aumenta la pressione militare russa sull’est dell’Ucraina, mentre il Cremlino fa sapere che non fermerà l’offensiva finché non ci sarà la firma di un accordo tra i due presidenti. Dai ministri degli Esteri europei nessuno stop al gas, ma subito «armi pesanti» a Kiev

Il manifesto

di ALBERTO SAGGIO

Qualche mese fa mi è capitato di leggere un libro scritto da un cavaliere templare per narrare le sue vicissitudini durante la settima crociata di re Luigi IX. Finito questo libro e dopo aver contestualizzato meglio il relativo periodo storico grazie a diversi articoli, mi trovai a riflettere su come oggi possa risultare paradossale condurre una guerra spietata in nome di una fede religiosa che esplicitamente incoraggia l’essere umano ad essere misericordioso e ad elevarsi spiritualmente.

In questi mesi la crisi ucraina mi ha portato a malincuore a seguire un filo di pensieri per certi versi analogo ma, purtroppo, così drammaticamente slegato da quel senso di distacco emotivo che ci aiuta a concepire angherie lontane dai nostri tempi. Mi sono dunque stupito nel ritrovare un simile senso di paradosso e forte contraddizione sia nelle politiche che nella narrazione recente; che senso può avere, infatti, seminare in nome della pace tanto odio, discriminazione, risentimento e fobia, ovvero valori non solo antitetici al concetto di pace stessa, ma anche storicamente fondanti nella genesi di guerre lunghe e sanguinose?

Come mai questo stesso approccio non ci ha accompagnato quando abbiamo portato guerra e bombardamenti in Jugoslavia, Afghanistan, Iraq e Libia mietendo un numero di vittime altissimo e distruggendo infrastrutture, scuole, ospedali ed abitazioni insieme a tutto il resto? In queste settimane ho visto Stati inviare armi e mezzi pesanti che verranno usati per disseminare morte, ho visto esponenti politici condannare la pluralità d’informazione in favore di una narrazione propagandistica unica ed ho visto un Ministro degli Esteri paragonare la prima carica di uno degli Stati militarmente più forti al mondo ad un animale.

Ho visto organizzazioni sportive escludere atleti, rettori universitari sospendere studenti, teatri sospendere direttori d’orchestra; tutto per colpa della loro nazionalità. Ho visto giornalisti rivolgersi verso un’intera popolazione ed il loro Presidente eletto con espressioni e toni dispregiativi e discriminatori tipici dell’Italia delle leggi razziali. Ho visto dissacrare con falsità e comode inesattezze la memoria storica di una popolazione che ha perso 25 milioni di persone nella lotta al nazismo, ha liberato i prigionieri di Auschwitz (con buona pace della fallace narrazione hollywoodiana di Benigni secondo la quale fu opera americana) e senza la quale, probabilmente, l’unico motivo per cui non saremmo sotto dittatura tedesca in Europa sarebbe la mancata dissoluzione del grande impero napoleonico.

Sotto la forte convinzione che solo tramite il corretto uso della diplomazia sia possibile ipotizzare l’interruzione di un guerra e la sottoscrizione di un trattato di pace, mi sono avventurato nella ricerca di libri, documenti e reperti visivi in grado di aiutarmi a comprendere la genesi di questo conflitto. Questa genesi, non si può, infatti, cercare in una visione unipolare del mondo, ma va trovata usando due degli strumenti basilari della diplomazia: l’empatia e la comprensione degli interessi altrui. Per quanto siamo ormai abituati alla visione hollywoodiana di un mondo diviso tra pazzi ed eroi (stranamente coincidente con la narrazione mediatica nostrana del conflitto e di ogni altra questione su cui si debba evitare il dibattito), bisogna innanzitutto capire come i conflitti nascono essenzialmente da una divergenza di interessi e quindi di obiettivi tra due attori; pensare di agire diplomaticamente senza provare a capire entrambe le fazioni (peggio ancora intromettendosi con armi, discriminazioni ed odio) vuol dire semplicemente non voler realmente intervenire.

Seguono così i miei appunti, frutto di un mero esercizio d’archivio volto a confutare i cardini di una narrazione mediatica paradossale, contraddittoria e raramente basata su fatti comprovati. Spero che rimetterli in ordine e condividerli possa essere utile ad altri per farsi una propria idea sia sugli accadimenti, sia, soprattutto, su cosa si possa realmente fare per fermare il conflitto.

Alberto Saggio per Riconquistare l’Italia

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Il solito problema

I risultati delle elezioni francesi parlano chiaro: basta agitare il babau della destra “Nel suo primo discorso ai sostenitori, Mélenchon ha parlato già proiettato alla sfida Macron-Le Pen: “Ora non bisogna dare un solo voto a madame Le Pen“ e l’élite ha già vinto; se a questo si aggiunge il frazionamento delle altre liste e la solita astensione della maggioranza, ogni speranza di cambiamento è vana! 😦