Atti della Camera

Il Patto Atlantico è un patto che assolve perfettamente agli interessi della politica americana (…). Si tratta cioè oggi per l’America di assicurarsi il dominio economico e politico dei paesi occidentali per svolgervi liberamente la propria politica di dominazione mondiale, così come l’ha svolta in altri paesi. Si tratta in ispecie di creare basi militari a sostegno di questa politica mondiale, si tratta di assoggettare maggiormente i paesi europei, che una volta entrati in questa politica militare aggressiva evidentemente non possono più rinunciare alla pesante tutela americana; si tratta di sviluppare nel proprio paese la produzione massiccia di armamenti standardizzati, da rifornirsi ai paesi aderenti, in modo che possa l’industria americana accumulare nuovi profitti e possa trovare nuovi investimenti in questa produzione di materiale bellico; si tratta infine di preparare – ove questa scelta si imponesse, fra crisi e guerra – le condizioni migliori possibili per l’attacco all’Unione Sovietica. (…) Di questo Patto possiamo quindi veramente dire che è un patto di guerra, indipendentemente da quella che può essere la volontà dei singoli uomini: è un patto di guerra perché è un contributo alla creazione delle condizioni obiettive da cui può nascere una guerra, in quanto si inserisce come strumento necessario nella politica imperialistica e nella politica aggressiva dell’America.
Lelio Basso

[Dal discorso tenuto alla Camera dei Deputati dall’on. Lelio Basso (Segretario del Partito Socialista Italiano), nella seduta pomeridiana del 15 marzo 1949. Da “Il Patto Atlantico al Parlamento italiano. Le dichiarazioni del Governo e i discorsi dell’Opposizione (11-18 marzo 1949)”, a cura del Centro Diffusione Stampa del P.C.I., 30 giugno 1949. Fonte: https://www.eurasia-rivista.com/…/lxxi-lasse-che-non-vaci…/…]

Torna “Mani pulite”

di

Paolo Pillitteri

10 luglio 2023

Torna Mani Pulite? E la politica?

C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole; il sospetto o la sensazione che l’indimenticabile stagione di Mani Pulite sia ritornata o, almeno, si faccia viva in un modo o nell’altro. Sia la vicenda di Daniela Santanchè che la morte di Arnaldo Forlani sono a loro modo emblematiche di una storia giudiziaria senza fine. Ma con un inizio e un nome.

Intanto, la politica ha al suo centro un “convitato di pietra”, la giustizia, che è essenziale alla dinamica del Paese, un sistema indispensabile per ordine pubblico ma anche per investimenti e competitività. E, ovviamente, per giudicare.

Pier Ferdinando Casini, nel suo interessante libro non a caso dal titolo “C’era una volta la politica. Parla l’ultimo democristiano”, ripercorre la parentesi di Mani Pulite con inizio dal 1992. E, pur con la consueta prudenza di un moderato doc, passa in rassegna i non pochi snodi drammatici e le troppe vittime di quella ventata di giustizialismo che era bensì mediatico-giudiziario (ovvero con la determinata partecipazione dei media, tutti o quasi), ma con una caratteristica di fondo: la politicizzazione della magistratura. Che, sempre non a caso, risparmiò sostanzialmente il Pci-Pds.

http://www.opinione.it/editoriali/2023/07/10/paolo-pillitteri_santanch%C3%A8-giustizia-mani-pulite-politica/

Bestie da preda

Fonte: Andrea Zhok

Avendo tolto di mezzo con successo ogni autentica politica democratica, avendo assopito i meccanismi di partecipazione, avendo bloccato con i cani da guardia mediatici tutte le strade di accesso al potere, le èlite si sono garantite la non contendibilità legale del proprio dominio.
Ma questo lascia spazio solo all’espolosione illegale, alla devastazione incontrollata, senza uno scopo definito salvo quello di far sapere che “esistiamo anche noi”.
Questa non sarà una rivoluzione, né chi la anima è un eroe della rivoluzione. Questo perché rivoluzioni ed eroi devono comunque avere condizioni sociali per maturare, condizioni che le società liberaldemocratiche hanno demolito, creando un retroterra sociale disgregato, individualistico, nevrotico e storpiato nella capacità di ragionare.
Volevano ottenere bestie da soma, hanno ottenuto – e otterranno sempre di più – bestie da preda.

estratto da https://wordpress.com/post/bondeno.online/11295

L’ambientalismo ideologico

L’ambientalismo ideologico, presente in diverse forze politiche e nel mondo associativo, ha portato il nostro Paese in una condizione di estrema vulnerabilità energetica, economica e ambientale. Una malattia che ci trasciniamo da molto tempo e che non riusciamo a curare.

Il Bel paese è stato capace di distruggere il patrimonio tecnologico e scientifico legato all’energia nucleare. Una fonte pulita, sicura e abbondante in grado di contribuire concretamente alla decarbonizzazionedell’economia e al relativo raggiungimento dell’obiettivo globale “zero emissioni Co2”. A casa nostra facciamo affidamento unicamente alle fonti rinnovabili intermittenti e stagionali come il fotovoltaico e l’eolico (che non riuscirebbero a garantire equilibrio nel sistema elettrico) e riceviamo “ipocritamente” a caro prezzo circa il 4 per cento dell’elettricità grazie alle vicine centrali nucleari francesi e slovene. Va tutto bene se la importiamo, ma dalle nostre parti i reattori non li accettiamo.

La gestione dei rifiuti urbani e industriali va a macchia di leopardo. Da Roma in giù milioni di tonnellate di rifiuti non vengono riciclati e valorizzati per produrre energia “pulita” vicino casa, ma devono essere trasportati a caro prezzo (fino a 300 euro a tonnellata) nei Paesi europei o nelle regioni del Nord Italia facendo ottenere alle loro comunità notevoli vantaggi ambientali, economici e sociali. In particolare, ci sono capitali europee che trasformano i termovalorizzatori in centri di attrazione turistica tra poli tecnologici, piste da sci e altri percorsi di intrattenimento: un perfetto esempio di città intelligente tra energia e rigenerazione urbana per rendere il territorio più sostenibile e sicuro. A Roma, invece, mancano tutte le tecnologie innovative indispensabili per la chiusura corretta del ciclo dei rifiuti quali i biodigestori, gli impianti di selezione e di riciclo di plastica, carta e vetro e i termovalorizzatori. A rimetterci sono i cittadini (a volte corresponsabili per il rifiuto di accettare gli impianti in casa propria) che subiscono tasse sempre più salate a fronte di disservizi continui tra mancata raccolta dei rifiuti e scarsa manutenzione dei relativi mezzi. Insomma, siamo ancora lontani dall’attuazione dei principi sacrosanti dell’economia circolare e dal raggiungimento degli obiettivi Ue della transizione ecologica.

Rispetto ai gasdotti, in Puglia la Tap non ha avuto vita facile. Per diversi anni le forze populiste e i movimenti locali hanno duramente contestato il progetto per l’impatto ambientale e per la presunta scarsa utilità strategica alla luce del declino della domanda di gas in Europa. Una volta salito al potere, il Movimento 5 Stelle ha rimesso in gioco il progetto fino alla sua completa realizzazione. Con la crisi energetica prima, e la guerra in Ucraina poi, anche i grillini sono stati costretti a riconoscere la validità dell’opera. E potremmo continuare con altri esempi tristi di infrastrutture bloccate in Italia.

Come possiamo allora sconfiggere gli egoismi localistici e i pregiudizi di un certo ambientalismo ideologico e catastrofista? Quando riusciremo ad avere un ecologismo responsabile e del buon senso che sappia coniugare le esigenze della natura con quelle dell’uomo? La risposta è molto semplice. Quando creeremo una nuova e diversa cultura ambientale (basata sull’informazione “scientifica” e chiara) rivolta a tutti i cittadini per creare un contesto sociale favorevole all’attuazione strategica del processo di diversificazione del mix energetico, quale chiave di sviluppo sostenibile e di sicurezza nazionale, e una buona scuola per le nuove generazioni sempre più sensibili e attente al futuro del nostro Pianeta.

(*) Presidente di Ripensiamo Roma

Aggiornato il 29 giugno 2023 alle ore 09:07

L’ambientalismo ideologico? Il peggior nemico dell’ambiente

di

Donato Bonanni (*)