Il lavoro come valore

//www.youtube-nocookie.com/v/nv1G3hWN8Ys?version=3&hl=it_IT&rel=0Era uno dei principali obiettivi sin dall’inizio e ci sono arrivati, forse un po’ in ritardo rispetto ai tempi che si erano prefissati, ma ci sono arrivati. Chi ha capito il progetto dell’Unione Europea sa che le riforme del mercato del lavoro rappresentano lo strumento per ampliare la massa dei precari disposti a tutto e che, seppure con salari bassi e privi di risparmi, saranno costretti a comprare quei servizi essenziali (sanità, acqua, educazione, ecc.) che nel frattempo verranno privatizzati.

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Contrarietà Mibact

inaugurazione mostraMIBACT sta per Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo presieduto dal ferrarese Dario Franceschini:  «Contrarietà Mibact»: è la formula che punteggia sulle ultime bozze dello Sblocca Italia.

In altre parole, il Ministero per i Beni Culturali è l’ultimo argine che tenta di impedire un azzeramento senza precedenti delle leggi che tutelano il territorio nazionale. Un argine debole, tuttavia: perché, negli stessi giorni, Dario Franceschini deve ottenere la sospirata firma del presidente del Consiglio in calce alla riforma del suo ministero. Una partita incrociata che rischia di vedere un unico sconfitto: il Paese.

Ma cosa stabilisce il decreto? L’articolo 1 prevede che l’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, nominato commissario per la realizzazione degli assi ferroviari Napoli-Bari e Palermo-Messina-Catania, possa condividere con le altre amministrazioni coinvolte non una bozza, ma un progetto finale. Nel caso che esse non siano favorevoli,  egli potrà decidere se i pareri avversi siano ‘regolari’, e quindi se tenerne conto o meno.

Un potere privo di qualsiasi freno e controllo: se occorrerà bucare una montagna piena di amianto o spianare una città antica, ebbene si potrà fare. E il principio è letale: una soprintendenza non potrà più respingere un progetto perché incompatibile con la tutela del territorio, e dovrà invece comunque accettarlo. L’articolo 5 stabilisce che si possano posare pali per reti a banda ultra larga senza autorizzazione preventiva: anche in aree vincolate paesaggisticamente.

L’articolo 10 dimezza i tempi con cui valutare la pericolosità degli inceneritori. L’articolo 12 sancisce la fine della cosiddetta archeologia preventiva: d’ora in poi in caso di ritrovamenti (anche importantissimi) le soprintendenze non potranno più indicare come tutelare e valorizzare le scoperte, ma saranno costrette ad accettare le soluzioni proposte dalle ditte. Che è come chiedere alla volpe come desideri proteggere il pollaio.

L’articolo 13 stabilisce che se in due mesi una soprintendenza non riesce a esaminare una autorizzazione paesaggistica, il silenzio viene interpretato come un assenso: e si procede d’ufficio.Un provvedimento criminale: perché pretende efficienza da un corpo dello Stato che si è dolosamente depotenziato inibendo il turn over e azzerando i fondi; e perché l’inefficienza dell’amministrazione viene fatta scontare ai cittadini, che si vedono distrutto l’ambiente in cui vivono.

L’articolo 14 liberalizza in modo selvaggio gli impianti fotovoltaici e a biomasse, e le torri eoliche: per i quali non sarà necessaria più nessuna autorizzazione paesaggistica. Il che ribalta la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, e una recente pronuncia del Consiglio di Stato per cui «il paesaggio rappresenta un interesse prevalente rispetto a qualunque altro interesse, pubblico o privato».

Insomma, un enorme regalo a imprese in alcuni casi perfino legate alla criminalità organizzata: nonché la fine di quel che resta del paesaggio italiano. L’articolo 28 bis prevede che chi vuole costruire possa autocertificare che ha fatto tutto secondo le regole, pagare una tassa e aspettare il disco verde: quella che è un’attività di controllo a tutela del territorio, diviene così una compravendita.

Ma non è finita. L’articolo 45 prevede di usare lo strumento del project financing per eliminare ciò che resta del demanio: i privati potranno presentare progetti di valorizzazione di un bene demaniale, che in parte sarà dato loro in concessione per attività for profit, in parte sarà ceduto agli enti locali.  E, per finire in bellezza, si dà carta bianca alla costruzioni nei campeggi, dicendo che «non rappresentano nuovi volumi o nuove superfici ».

Il che consente di realizzare, senza titolo edilizio, edifici per finalità residenziali, produttive e di deposito, ma destinati alla sosta ed al soggiorno dei turisti. Ma che ‘turisti’ sono quelli che abitano e lavorano, o hanno depositi, in aree qualificate come ‘campeggi’?

Se ci avesse provato Silvio Berlusconi, il Pd avrebbe portato in piazza mezza Italia: e invece ora lo fa un berlusconiano doc come Maurizio Lupi, dentro un governo guidato dal segretario del Pd. «Padroni in casa propria» è il motto delle Larghe Intese al tempo di Matteo Renzi: solo che la casa, e cioè il territorio del popolo italiano, questa volta rischia di uscirne distrutta. Per sempre.

intervento di Tomaso Montanari apparso sul Fatto quotidiano

riportato in http://www.minimaetmoralia.it/wp/montanari-sblocca-italia/

I beni invisibili

Anassimandro (610-546 a C)

Il termine Ecumene (anche oikoumene) deriva dal greco οἰκουμένη, participio medio passivo del verbo οἰκέω, “abitare”: οἰκουμένη (γῆ) indicava la porzione di Terra conosciuta e abitata dall’uomo, per cui l’ecumene è “la casa dove tutti viviamo”.

Nella tradizione ellenica gli elementi sono quattro: il fuoco (Alchemy fire symbol.svg), la terra (Alchemy earth symbol.svg), l’aria (Alchemy air symbol.svg), e l’acqua (Alchemy water symbol.svg).

Rappresentano nella filosofia greca, nell’aritmetica, nella geometria, nella medicina, nella psicologia, nell’alchimia, nella chimica, nell’astrologia e nella religione i regni del cosmo, in cui tutte le cose esistono e consistono.

Al di là delle definizioni, risulta intuitivo che la vita è possibile solo grazie all’esistenza e all’armonia di questi quattro elementi, ai quali però siamo talmente abituati da darli per scontati e a non porre alcuna cura alla loro conservazione.

Stefano Montanari

Ovviamente l’ecologia da tempo ci ha avvertito dei rischi e dei pericoli, ma i suoi appelli oggi non sono più di moda, nascosti dal pensiero unico che vuole il profitto (di pochi) ad ogni costo.

L’energia è già da tempo privatizzata, la terra è stata recintata già dal medioevo, l’acqua (finora bene pubblico) sta per esserlo e, in un racconto di fantascienza, si narra della corsa disperata di un uomo che ha dimenticato di pagare la bolletta dell’aria.

Nel frattempo ci accontentiamo di inquinarla pesantemente dimenticandoci che è la stessa da sempre e che il suo riciclo è affidato alle forze della natura che l’umanità continua a violare.

Molto probabilmente questo comportamento è archetipico: scrive Desmond Morris ne “La scimmia nudaIl predominio e la rivalità sono la loro (dei primati) regola quotidiana. Naturalmente situazioni di predominio nella gerarchia sociale sono presenti in entrambi i gruppi,  (cacciatori e raccoglitori n.d.r) ma nel caso delle scimmie e degli scimmioni sono più evidenti proprio per la mancanza di un azione di gruppo. Anche le manovre complicate e coordinate non sono necessarie; le sequenze dell’atto di nutrirsi non hanno bisogno di essere collegate in modo tanto complesso. Il primate può vivere perfettamente alla giornata… Le feci sono meno puzzolenti di quelle dei mangiatori di carne e non si è sviluppato nessun comportamento speciale per sbarazzarsene, dato che cadono giù dagli alberi, lontano dagli animali. Poiché il gruppo è sempre in movimento, il pericolo che una particolare zona diventi eccessivamente sporca e puzzolente è scarso.

Nel frattempo la globalizzazione e l’industrializzazione conseguente ha occupato tutti gli spazi e ogni anno la situazione peggiora: l’ultimo allarme arriva dall’Organizzazione meteorologica mondiale: «Il tempo sta per scadere, le leggi della fisica non sono negoziabili»

http://ambientefuturo.info

Ayn Rand

Chi era costei? Devo dire che non ne avevo mai sentito parlare, finché non me la ha segnalata da oltre-oceano (dove è molto conosciuta) l’amico Andrea Malaguti.

Trovate una sua ampia biografia sulla solita wikipedia, ma vi inserisco un paio di righe giusto per darvi un’idea: “Spendere l’esistenza o il denaro per una persona amata è vivere “moralmente” e secondo giustizia; sacrificare invece sé stessi e la persona suddetta per salvarne altre dieci (o la generica “umanità”) che non hanno rapporti emotivi con l’individuo, è invece immorale e ingiusto, dal punto di vista oggettivista.[15] L’altruismo, secondo Rand, è l’ideologia che “obbliga ad aiutare i propri simili”, come un imperativo morale, ed è quindi sbagliato. Questa definizione, ribaltata però di senso, è tratta dal positivista Auguste Comte, che la citava invece come un valore giusto.[16]

Questo capolavoro (di vendite) fu pubblicato nel 1957 e non è difficile scorgervi (complice il neoliberismo) tutto quello che, in fondo, ha portato l’Italia (e Bondeno, nel suo piccolo) alla situazione attuale.

In memoria di Michele Perfetti

Michele Perfetti (con la sigaretta) a Stellata

di Pietro Marino
Addio a Michele Perfetti, pioniere pugliese del movimento italiano di Poesia Visiva sin dai primi anni Sessanta. Aveva 82 anni, era nato a Bitonto nel 1931, aveva vissuto a Taranto sino al 1973 dove fu protagonista dei fermenti di ricerca artistica che avevano al centro il Circolo culturale dell’Italsider (altri tempi). Poi se n’era andato ad insegnare a Ferrara dove ha operato sino ad ora (divenendo anche preside del locale Liceo Scientifico) e lì si è spento nel sonno – così mi annuncia da Taranto l’artista Vittorio Del Piano, suo sodale in quegli anni fervidi, il quale ha appreso solo ora del decesso che risale addirittura al giugno scorso (2013 n.d.r).

Un addio tardivo, dunque, ma necessario per risarcire l’oblìo sceso su un artista che ha avuto ruolo primario in una delle vicende più intriganti delle neoavanguardie nazionali fra i Sessanta e i Settanta. Perfetti fu tra i primi aderenti al “Gruppo 70” fondato a Firenze nel 1963 da Miccini, Pignotti, Chiari e allargato a partecipazioni eccellenti come Isgrò, Bussotti, Ketty La Rocca, Simonetti, Sarenco, Spatola…. Fu come il battesimo della “poesia visiva”, che contaminava in frantumata sintassi gli apparati iconici dei massmedia con scritture manuali o tipografiche. Ricerche e proposte di scrittura visuale erano già in corso con varie denominazioni (senza dire dei precedenti storici, dai calligrammi di Mallarmé e Apollinaire alle “tavole parolibere” futuriste). Ma il gruppo che faceva capo a Firenze si connotò per l’apertura alle tecnologie moltiplicate e per la carica polemica nei confronti della società dei consumi, in competizione-opposizione alla Pop Art anglosassone. “La poesia visiva colpisce alle spalle, è una quinta colonna nelle file nemiche dei massmedia”, proclamavano congiuntamente Perfetti e Miccini nel 1971. E in una intervista del 2009, per una delle tante mostre che nell’ultimo decennio hanno rivisitato quei movimenti, Michele ricordava con una punta di nostalgia: “ Noi avevamo l’utopia di cambiare il mondo attraverso la poesia…la poesia visiva costringe a guardare il mondo con occhi diversi”.

Carica utopica che lui espresse sin dagli anni tarantini, con una serie di iniziative. La personale 1967 “…000+1 – Poesie tecnologico-visive” nel Circolo Italsider. La collettiva nazionale “Comunicazioni visive” curata con Gianni Iacovelli a Massafra nel 1968. Una sezione internazionale nell’ambito della mostra “Co/incidenze” sempre a Massafra 1969. La personale e il libro “Plastic City” di nuovo al Circolo tarantino nel 1971. Nel 1972 a Bari la mostra di Poesia Visiva nella neonata galleria Centrosei e un’altra personale. La nascita a Taranto del “Centro sperimentale Punto Zero” con Vittorio del Piano nel 1973 e gli “Innesti” con Vitantonio Russo. Solo per dire dei principali interventi nelle nuove proposte che si agitavano fra Taranto Lecce e Bari (una ricostruzione di quel periodo pugliese è stata fatta da Antonio Lucio Giannone nel libro-catalogo della mostra “Di-segni poetici” che ha inaugurato nel 2011 a Matino nel Salento il MACMA, Museo di arte contemporanea dedicato proprio a collezioni di poesia visiva).

Da Ferrara, attivissima sino ai tempi ultimi è stata la presenza di Perfetti in tante oper/azioni di poesia visiva in Italia e all’estero, Biennale di Venezia compresa. Con una personale cifra segnata da fantasia ironica, meno aggressiva e più trasognata col passare degli anni. Giocata sul fluttuare nel vuoto di frammenti sempre più semplificati e decantati. “Al di qua della parola al di là dell’immagine” fu la sua dichiarazione di poetica premessa come titolo-slogan a gran parte delle mostre e pubblicazioni dal 1981 (laureato in filosofia, produsse parecchi scritti teorici). Le nostre strade si sono incrociate raramente dopo i Settanta. Ne scrissi l’ultima volta l’anno scorso, in occasione di ArteLibro a Bologna, dove erano esposte le pionieristiche pubblicazioni con suoi contributi curate a Bologna fra il 1965 e il 1968 da un editore anche lui di origini tarantine, Riccardo Sampietro. Ed è una sensazione amara e struggente (questione di età) ripensare a tante avventure corse e interrotte per la cultura in Puglia, ed ai suoi protagonisti dimenticati anche per colpa nostra. Ma Michele Perfetti ci richiama all’esorcismo salvifico dell’ironia. Nel 1966 aveva fatto eruttare da un water parole ritagliate come amore, sogni, verità. Nel 2007 invitava ancora ad uno svagato ottimismo della volontà: “Oggi può essere un gran giorno: datti un’opportunità”. Ma contro un profilo di donna si stagliava un biglietto di lotteria.

Fonte: http://pietromarino.blogspot.it/2013/09/un-pioniere-pugliese-della-poesia.html?m=1

Diritto allo studio

di Federica Forte

Probabilmente di laureati ce ne sono già troppi. Ingegneri, medici, filosofi non è quello di cui necessita l’impero di 400 mila anime, né l’Italia. Più che menti, servono braccia a cui non è richiesta una preparazione eccellente, bensì che sappiano leggere e comunicare ed agire conformemente all’interno di un gruppo organizzato (l’azienda, la comunità di riferimento). All’Unione Europea, ai nostri politici e probabilmente anche a coloro che lavorano nel campo della formazione non importa affatto della piena realizzazione dei cittadini. L’istruzione, in quanto tale, è un peso per qualunque Stato che si trovi a governare una massa di persone e personalità, ognuna con le proprie aspirazioni, obiettivi, valori. La società non deve contemplare al suo interno un’elevata percentuale di menti brillanti, di gente capace, arguta, sensibile perché così organizzata si presenterebbe inevitabilmente un problema di ordine sociale: gente come questa alla lunga risulterebbe ingovernabile.

Le parole di Marco Della Luna chiariscono meglio il ruolo della scuola nella società odierna: “La scuola ha assunto la funzione di preparare cittadini con una cultura abbastanza uniforme e con limitate capacità critiche. Oggi l’insegnamento ordinario, inoltre, è volutamente incompleto e distorto. Conformemente, il nostro sistema universitario e post-universitario è organizzato in guisa tale che gli studenti non acquisiscono la visione d’insieme (…) così che imparino a essere essenzialmente professionisti esecutori e specialisti di settore”[3].

[3]Marco della Luna, Paolo Cioni “Neuroschiavi” pag.48

estratto da http://www.lintellettualedissidente.it/lotteria-studente/

Contro il pensiero unico

pslbookQuesto volume, curato dal prof. Paolo Palazzi, è la ripubblicazione del primo volume, quello di macroeconomia, delle dispense di Economia politica relative alle lezioni svolte dal professor Paolo Sylos Labini (1920-2005) negli anni ’70 presso la Facoltà di Scienze Statistiche dell’Università La Sapienza di Roma. La stesura di queste lezioni ha subito diversi mutamenti nel corso degli anni: quella qui pubblicata è la versione del 1979.
Nel curare questa ripubblicazione si è cercato il più possibile di rispettare la versione originale arricchendola di presentazioni grafiche, attualizzando alcuni dati, semplificando e omogeneizzando formule e grafici.
Perché ripubblicare queste dispense? Moltissimi studenti nel corso degli anni hanno studiato su queste le dispense e attraverso questo studio sono stati messi in grado di comprendere gli aspetti principali dei fenomeni economici. Alcuni allievi di Paolo Sylos Labini sono stati a loro volta docenti di economia che hanno cercato di trasmettere l’insegnamento ricevuto.
Cosa distingue queste dispense dalle centinaia di testi di base di economia che circolano nelle scuole e nelle università? Sicuramente l’impostazione teorica che risulta critica rispetto all’impostazione attualmente ancora dominante nei più diffusi testi di economia. La seguente frase può sintetizzare bene la concezione della scienza economica secondo Paolo Sylos Labini: “Una delle differenze fondamentali fra scienze sociali e scienze naturali è che i fatti che le prime mirano a spiegare sono storici, ossia mutano non solo quantitativamente, ma anche qualitativamente e in modo irreversibile nel tempo storico. In altri termini, mentre nelle scienze naturali la realtà è generalmente immutabile, in campo economico la realtà varia col passare del tempo.”
L’obiettivo principale è quindi quello di mostrare come negli anni settanta fosse possibile studiare l’economia in un modo molto diverso da come si fa attualmente in quasi tutte le università del mondo. La base teorica e le indicazioni di questo volume, ad avviso del curatore, se fossero state patrimonio delle nostre classi dirigenti avrebbero facilitato la comprensione della crisi economica in cui ci troviamo e avrebbero potuto dare maggiori strumenti in grado di affrontarla.

Quale Europa?

di Luciano Del Vecchio

Per l’Europa dei prossimi decenni rimane dunque l’ipotesi dello stato minimo, o più precisamente, del “niente stato tutto mercato”: la giostra libera della moneta unica a cambio fisso, della banca centrale indipendente, del capitale liberamente circolante, del flusso ininterrotto di merci servizi e carne umana, della maniacale lotta all’inflazione, della cancellazione dei diritti sociali, della riduzione del lavoro a merce, della decomposizione del popolo e della democrazia, dell’irrilevanza del territorio e dei confini: tutti obiettivi della dottrina economica liberista sanciti nei trattati, realizzabili e realizzati sotto i nostri occhi. Gli eurocrati non progettano nessuno stato; non c’è nessuna unificazione politica nella loro agenda; sanno di averla assunta a pura finzione da propagandare e lasciarla credere a milioni di cittadini. Il vero obiettivo mira a espropriare e dissipare sistematicamente la sovranità degli stati storici esistenti, democratico-costituzionali, senza condensarla e innestarla in un nuovo e più esteso organismo politico, ma semplicemente svuotarla diluendola in una pletora di comitati, commissioni, “governanze” ed enti vari transregionali. Non hanno bisogno di uno Stato, ma di un continentale caravanserraglio aperto al Mercato, un unico indistinto spazio stallatico, produttivo, consumatore e finanziario, dove impera la competizione violenta di tutti contro tutti, di cittadini contro cittadini, di autoctoni contro stranieri, di gruppi contro gruppi, di istituzioni contro istituzioni, terra di tutti e di nessuno, campo fertile su cui far attecchire il Trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP), studiato apposta per territori de-istituzionalizzati, sviluppo logico e sbocco giuridico naturale del trattato di Lisbona.

estratto da  http://www.appelloalpopolo.it/?p=11975