Se lo Stato creasse moneta la banca centrale ne perderebbe il monopolio. Per questo la proposta che abbiamo fatto è eversiva: i titoli di Stato dovrebbero funzionare non solo come riserva di valore ma anche come strumento di pagamento e cioè dovrebbero circolare ed essere scambiati sul mercato per finanziare spese correnti e in conto capitale.
Ridiamo la moneta allo Stato
Nel sistema economico attuale la moneta che definiremo “pubblica” è creata da banche centrali indipendenti dal potere politico, mentre lo Stato non può stampare moneta ma può agire esclusivamente attraverso il debito, un tipo di intervento che alla lunga può diventare insostenibile. D’altra parte, le banche private per mezzo del credito hanno la possibilità di creare liberamente una moneta che si può considerare di origine “privata”.
Più precisamente, quando c’è crescita le banche private tendono a concedere prestiti molto generosi amplificando l’espansione, ma quando scoppia una crisi queste banche esasperano le difficoltà poiché in presenza di aspettative negative restringono il credito e quindi riducono l’offerta di moneta all’economia reale. E’ proprio durante una crisi che diventa cruciale il ruolo della moneta pubblica per sostenere l’economia.
Ma chi ha detto che il monopolio dell’emissione di moneta pubblica in capo alla banca centrale rappresenta il sistema più efficiente per contrastare una crisi? Perché lo Stato non può creare moneta in una fase di crisi? Se consideriamo il patrimonio economico e la legittimazione democratica, lo Stato è in grado di dare garanzie ben maggiori sul valore della moneta rispetto alle banche centrali che possiedono lingotti d’oro e non hanno nessuna responsabilità sociale.
Eppure vi sono esperienze storiche in cui lo Stato ha creato la moneta: ai tempi di Abraham Lincoln negli Stati Uniti e con Hjalmar Schacht, ministro dell’Economia nonché Presidente della Reichsbank nella Germania degli anni trenta. Il presidente Lincoln aveva bisogno di denaro per finanziare la guerra civile e i banchieri internazionali gli offrirono un prestito al 24–36% di interesse; Lincoln rifiutò la loro richiesta perché non voleva gettare la nazione in un debito insostenibile e avanzò una proposta al Congresso affinché approvasse una legge che autorizzasse a stampare banconote del Tesoro degli Stati Uniti. Così Lincoln ignorò le pressioni dei banchieri e fece stampare oltre 400 milioni di dollari per pagare i soldati e gli impiegati e per comprare le forniture per la guerra. Le banconote statali permisero di finanziare le spese militari dell’esercito nordista che nel giro di un paio di anni riuscì a prevalere sulla confederazione sudista.
Oggi dobbiamo considerare la possibilità di superare il monopolio delle banche centrali che, essendo indipendenti dai governi democraticamente eletti, non hanno alcuna responsabilità sociale e lavorano con altri obiettivi rispetto a quello di assicurare il benessere collettivo. Al riguardo Marx scrisse: «La Banca d’Inghilterra, fondata nel 1694, cominciò col prestare il suo denaro al governo all’otto per cento; contemporaneamente fu autorizzata dal parlamento a batter moneta con lo stesso capitale, tornando a prestarlo un’altra volta al pubblico in forma di banconote. Con queste banconote essa poteva scontare cambiali, concedere anticipi su merci e acquistare metalli nobili. A poco a poco divenne inevitabilmente il serbatoio dei tesori metallici del paese e il centro di gravitazione di tutto il credito commerciale».
Mettere in discussione il monopolio della banca centrale è un’idea che va contro tutte le convinzioni dominanti. Però, non possiamo nasconderci che in questa fase di crisi prolungata il sistema attuale non sta funzionando: gli Stati non possono continuare a espandere l’indebitamento per creare lavoro e assicurare un reddito dignitoso a tutti poiché il costo del debito impedisce l’espansione dell’economia. Il debito pubblico è diventato ormai una forma di schiavitù che sta mettendo a rischio l’esistenza dello stato sociale e la possibilità di realizzare una convivenza civile nella maggior parte delle società occidentali.
Se fosse emessa una moneta statale – i titoli pubblici lo potrebbero essere – verrebbe intaccato il monopolio della Banca centrale europea, colpendo alle fondamenta l’edificio della moneta unica. Sarà la storia a dire se l’euro riuscirà a sopravvivere senza che vi siano cambiamenti radicali, oppure se sarà destinato a crollare sotto il peso di una disoccupazione e di una povertà insostenibili.
Un articolo di Giorgio Ruffolo e Stefano Sylos Labini su il manifesto di sabato 26 luglio 2014
Il monopolio della banca centrale nell’emettere moneta in tempi di crisi provoca più problemi di quanti ne risolve
E’ appena il caso di ricordare che Lincoln fu assassinato, esattamente come J.F.Kennedy quando ebbe la stessa idea
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Il 22 settembre 2012, a Bondeno, nell’ambito della manifestazione “Ricominciamo dal futuro” tenemmo un incontro su questo tema:
POMERIGGIO
16-19 Seminario PRIMIT , relatore Sandro Pascucci
16.00 : 16.30 = breve storia della moneta (nascita
della moneta, medioevo, banche centrali)
16.30 : 17.00 = situazione monetaria attuale (banche centrali e politici collusi)
pausa 10 minuti
17.10 : 18.00 = come recuperare la sovranità moneta
ria (proposte tecniche)
18.00 : 18:50 = pericoli sociali di non intervento
(dibattito)
19.00 = fine lavori
Il relatore venne da Roma, ma (organizzatori a parte) nessuno della cittadinanza (o tantomeno degli amministratori) si presentò ad ascoltarlo (al paes dal capirissim!).
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…”i titoli di Stato dovrebbero funzionare non solo come riserva di valore ma anche come strumento di pagamento e cioè dovrebbero circolare ed essere scambiati sul mercato per finanziare spese correnti e in conto capitale”….
Da assoluta incompetente, questa idea mi sembra rivoluzionaria e nello stesso tempo neppure impossibile, volendo. Ma chi potrebbe avere un coraggio del genere, andando contro gli interessi delle banche centrali, mettendo in crisi l’Euro con tutto quel che ne consegue? Forse il governicchio italiano, sempre prontissimo e attento a non ostacolare i piani europei prestabiliti? Non credo proprio che un’idea del genere passi anche velatamente nelle menti dei nostri governanti. Lincoln fa parte di una storia passata che il nostro pimpante Presidente del Consiglio magari neppure conosce e che in ogni caso, essendo passata, per lui è da rottamare. E intanto gli italiani, da un lato cominciano a soffrire moltissimo le strette economiche di questa crisi e dall’altro non manifestano alcun segnale di risveglio. Purtroppo. Ma perché questi intellettuali così preparati e con una visione precisa della situazione così tragica che è alle porte, si limitano a scrivere su giornali che pochissimi leggono? Non so, ma mi sembra di vivere una situazione surreale: chi è competente e sa prevedere il futuro non conta nulla, mentre chi non sa vedere al di là dei propri interessi personali o di partito, ha in mano le sorti di un popolo! E’ avvilente.
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I ricatti della finanza all’Argentina:
http://www.lintellettualedissidente.it/largentina-sceglie-il-default/
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A chi appartiene l’oro della Banca d’Italia? Ai banchieri se ci sono profitti, al popolo italiano se ci sarà da pagare il debito (ai banchieri):
http://www.lintellettualedissidente.it/lingovernabilita-della-banca-ditalia/
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Non posso credere che Romano Prodi e Padoa Schioppa abbiano permesso che la Banca d’Italia fosse gestita da privati! Proprio Romano Prodi che io avrei visto così bene quale Presidente della Repubblica, ritenendolo una persona che ha dedicato una vita al bene del suo paese. Com’è difficile per un comune cittadino districarsi nel mondo della politica e della finanza! Ora mi chiedo:”sarebbe ancora possibile, volendo, fare un passo indietro e nazionalizzare la Banca d’Italia o quanto meno pretendere che i privati paghino le tasse sui loro indebiti profitti?” Questa notizia mi ha davvero sconcertata.
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Come è composto il “debito”:
http://www.libreidee.org/2014/03/basta-tasse-come-trovare-gratis-70-miliardi-lanno/
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“Gli italiani devono rendersi conto che non è vero che “non si può fare niente” contro il peso del debito pubblico e delle tasse a causa dei trattati firmati e delle posizioni degli altri governi all’interno delle istituzioni europee”…
Penso sinceramente che molti italiani qualche dubbio al riguardo già ce l’abbiano. Il fatto preoccupante è che però hanno deciso di non prendere alcuna posizione e di lasciare fare al nostro Pres. del Consiglio Renzi, convinti che riuscirà brillantemente a risolvere ogni problema, compresa la crisi economica. Non mi sembra che, al momento, gli italiani vogliano sentirsi dire altro, un po’ per paura e molto per ignoranza.
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Non siete colpevoli perché ignorate; siete colpevoli perché vi rassegnate a ignorare. Giuseppe Mazzini
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Non sa per esempio che sulle banconote dell’euro non c’è scritto da nessuna parte “pagabili a vista al portatore”, perché la BCE non ha una riserva aurea (quindi dove le porti?), e non c’è nemmeno scritto “la legge punisce gli spacciatori e i fabbricanti di moneta falsa”, perché questo avrebbe aperto dei contenziosi giuridici complicati. Poi tra la bandierina europea e gli acronimi della BCE nelle varie lingue, c’è un simboletto, è il simbolo del copyright, ma voi avete mai visto un francobollo, una marca da bollo, una banconota col copyright? Il quale è per sua natura un istituto di diritto privato, la moneta invece dovrebbe essere un istituto di diritto pubblico, a corso forzoso, dunque l’euro, secondo questi requisiti, non sarebbe una moneta a corso forzoso.
La BCE è una banca pubblica solo di nome, ma non di fatto, perché sarebbe nata da un accordo di natura privatistica tra banche centrali nazionali, che infatti restano proprietarie della riserva aurea dei loro paesi, infatti nella BCE può entrare anche una Banca che non adotta l’euro, come quella d’Inghilterra (che detiene il 17 % del capitale della BCE), quindi l’euro sarebbe l’equivalente di una cambiale, di un qualsiasi titolo di pagamento di diritto privato. In definitiva la famigerata banconota è una sorta di moneta straniera e dunque gli stati dell’UE sono obbligati ad usare una moneta non propria. Ma la politica monetaria di uno Stato condiziona molto la sua politica economica (ce ne siamo accorti!).
http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=107960&typeb=0
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