L’azienda scuola

L’autonomia obbliga le scuole a costruire la propria identità educativa e a darsi un regolamento nel quale indica la tipologia dei servizi erogati, sottoponendoli al giudizio di qualità dei cittadini.

E’ chiara la provenienza economico-commerciale di questa esigenza, che configura un problema di colonizzazione culturale della scuola da parte di altre culture, nello specifico quella aziendale.

Ciò implica non solo perdita d’identità del sistema “colonizzato”, ma anche il rischio di impoverimento delle esperienze, visto che nelle periferie dei sistemi non arrivano i prodotti d’avanguardia, ma modelli la cui validità è spesso già stata messa in discussione nello stesso mondo delle imprese (si veda il recente caso delle critiche al sistema di valutazione americano e le principali critiche all’INVALSI).

A rendere più difficile la valutazione della scuola c’è poi la natura qualitativa, non discreta, della produzione di cultura e di educazione che rende inadatta l’adozione di standard puramente quantitativi e fa parlare alcuni critici di «quantofrenia» del sistema scolastico attuale.

http://gabriellagiudici.it/la-scuola-primaria-1859-1985/

3 pensieri su “L’azienda scuola

  1. LA SCUOLA-AZIENDA È UN TUMORE
    Insegnanti di scuola secondaria di primo e secondo livello e persino docenti universitari di mia conoscenza mi riferiscono degli effetti nefasti della deriva dell’istruzione pubblica italiana.
    Dirigenti scolastici e responsabili di dipartimento che fanno pressioni sul corpo docente per semplificare le prove, ridimensionare le pretese, livellare verso il basso ed evitare a qualsiasi costo bocciature.
    Il modello aziendalistico importato dagli USA, quello delle scuole in concorrenza che ricevono risorse in relazione al numero di iscrizioni e all’azzeramento della dispersione scolastica, sta producendo una generazione di giovani analfabeti di ritorno, che si esprimono con un lessico poverissimo, faticano a comprendere testi di media difficoltà, non conoscono la geografia né la storia e non leggono nulla tranne gli status degli amici su Facebook, se non superano la soglia delle due righe.
    Devono arrivare alla fine senza intoppi, perché vanno rispettati i parametri e in base a questi dannati stupidi numeri vengono distribuite le risorse sempre risicate. Questa è l’osservazione che muovono i dirigenti agli insegnanti che non vogliono adeguarsi, spesso ricattati dalla condizione di lavoratore precario in cui versano tanti giovani professori.
    La scuola italiana, prima delle riforme distruttive, costituiva un esempio di buona prassi riconosciuto a livello mondiale. Come il sistema sanitario nazionale, l’assistenza e la previdenza pubblica, il sistema bancario: in questi campi il sistema Italia era stata per un lungo periodo oggetto di studio da parte degli osservatori internazionali, che ci usavano come benchmark per valutare l’efficacia delle politiche pubbliche nel mondo. Oggi, per adempiere agli obblighi imposti dall’Unione Europea, stiamo distruggendo quanto di buono avevamo per replicare il modello americano.
    La regressione va arrestata ed è necessario invertire il trend. Si deve ripartire da qui, dalla basi, dalla formazione e dall’istruzione. La scuola è la prima cosa.
    Gianluca Baldini

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  2. Per quanto riguarda l’eliminazione di ogni common decency, cioè la necessità di trasformare l’al­iievo in consumatore incivile e, all’occorrenza, vio­lento, è questo un compito che pone sicuramente meno problemi. Basta vietare qualsiasi disposizio­ne civica e sostituirla con una forma qualunque di educazione cittadina, ovvero con un polpettone concettuale talmente facile da diffondere che non farà che duplicare il discorso dominante dei me­dia e del mondo dello spettacolo; si potranno ugual­mente fabbricare in serie dei consumatori di diritto, intolleranti, litigiosi e politicamente corretti, che saranno proprio per questo facilmente manipolatali e presenteranno il vantaggio non trascurabile di poter arricchire., all’occorrenza, secondo l’esempio americano, i grandi studi di avvocati.
    https://infolibridee.wordpress.com/2018/03/23/linsegnamento-dellignoranza/

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  3. Questo ci sembra il punto decisivo: il nuovo criterio meritocratico è in realtà assai antico. Sono meritevoli coloro che si adeguano più docilmente alla volontà del potere, alla logica dominante, al pensiero corrente. Per questo la scuola subordina il pensiero critico del sapere umanistico alla conoscenza tecno-scientifica, specializzata nel conoscere i meccanismi, ma incapace di verificare le ragioni, scoprire i risvolti, indagare i perché. Per lo stesso motivo è in atto nel mondo del lavoro una gigantesca sostituzione dei quadri più esperti con i più giovani. Spazio ai giovani è senz’altro giusto, ma l’anzianità, oltreché esperienza, oggi svalutata per la rapidità dei cambiamenti, significa(va) maggiore capacità di giudizio, soprattutto una più tenace resistenza al nuovo ordine. L’età, del resto, in un senso o nell’altro, non è un merito, ma una circostanza; Amintore Fanfani, la cui carriera fu lunghissima, sosteneva che “se uno è bischero, è bischero anche a vent’anni”
    Roberto Pecchioli
    https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=60764

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