L’Europa delle regioni

Difficile, di fronte alla vicenda catalana, non vedere il risorgere di una potente tentazione delle classi dominanti. Quella di farla finita una volta per tutte con gli Stati nazionali, per procedere verso un super-Stato europeo fatto di una moltitudine di regioni prive di vera sovranità.
Chi non è troppo giovane si ricorderà quanto fosse in voga questa teoria nei primi anni novanta del secolo scorso. E si ricorderà anche chi e perché (la Lega Nord) se ne faceva paladina in Italia.
L’idea era fondamentalmente quella di dare attuazione all’egoismo sociale delle regioni più ricche del Paese, andando al contempo in pasto al dominio tedesco sull’Europa. E’ un’idea che si riproporrà nei due referendum del prossimo 22 ottobre in Veneto e Lombardia.
Ma c’è qualcosa di più, come confessò il candido Romano Prodi nel 2014. L’intervistatore gli chiede: «Lei crede che sia possibile un’Europa delle Regioni in un momento in cui la crisi economica, almeno in Italia, sembra gonfiare le vene di un nuovo centralismo statale?». Ecco la sua illuminante risposta: «Oggi c’è un’Europa degli Stati. Attenzione però: la contrapposizione vera non è tra Europa degli Stati e Europa delle Regioni, ma tra un’Europa guidata da un’autorità sovranazionale molto forte, cioè un’Europa federale, e un’Europa delle nazioni. Non vedo le Regioni in contrapposizione a un’Europa federale, due regioni non fanno uno Stato nuovo».

Leonardo Mazzei in https://mauropoggi.wordpress.com/2017/10/03/leonardo-mazzei-otto-punti-sul-referendum-catalano/

5 pensieri su “L’Europa delle regioni

  1. “Il Sistema produce il suo proprio popolo, quello che gli conviene. Capire questo aiuta a capire perché i popoli europei sono pecore, piccioni, vitelli velleitari.

    “La “società civile” attuale è un prodotto del sistema delle mercanzie, del mercato – e perciò, la distruzione delle identità radicate nella classe media è un progetto di classe”.

    Queste asserzioni di Bruno Bertez, un giornalista economico di successo, economista-filosofo, critico della mondializzazione, spiegano fin troppo bene le difficoltà che hanno i movimenti sovranisti – ossia democratici in senso forte – ad affermarsi attraverso il voto nelle loro istanze anti-Sistema. Contro di loro, il Sistema riesce a coalizzare minoranze differenti,dalla generazione Erasmus al “mondo dello spettacolo” al “circo mediatico”, ai radical chic ai trans e LGBT, senza dimenticare gli immigrati islamici e i no global, i vegani e i parassiti pubblici, che tutte insieme formano la maggioranza: quella che “gli conviene”: quella del “No al fascismo”, “no al razzismo”, “no ai confini”, no alla “xenofobia”, ovviamente si all’Europa, sì all’euro, sì a tutto ciò che il Sistema, o Soros e Goldman Sachs, detta e vuole. Sono minoranze con le istanze più varie, magari assurde e demenziali, che di colpo si coagulano contro i loro stessi cittadini – la psico-polizia di massa orwelliana, la più ermeticamente catafratta.

    https://brunobertez.com/ in http://www.maurizioblondet.it/sistema-produce-suo-popolo/

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  2. In molti si chiedono a chi conviene la dissoluzione dello Stato spagnolo? La domanda ha una facile risposta: alla elite finanziaria transnazionale che da molto tempo trama per l’abolizione dgli stati nazionali. Questa realtà iniziano a comprenderla in molti cittadini anche a Barcelona. Non tutti vogliono seguire la farsa secessionista della giunta catalana. Fonte: El Manifiesto Traduzione: L.Lago

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  3. L’ottobre del 2017 corrisponde, per chi scrive, con questa presa di coscienza. Dopo anni di austerità che hanno esacerbato le tensioni nell’europeriferia e deteriorato le finanze pubbliche, dopo le palesi forzature per insediare l’ex- Rothschild Emmanuel Macron all’Eliseo, dopo i proclami per “un’Europa a due velocità”, dopo il palese sostegno di Bruxelles alle spinte secessionistiche in Spagna ed Italia, è finalmente tutto chiaro. Un disegno logico, pulito e coerente. E, bisogna aggiungere, diabolico, perché prevede l’annichilimento dei più deboli: i Paesi dell’Europa Meridionale.
    http://federicodezzani.altervista.org/leuropa-a-due-velocita-passa-per-il-sacco-di-roma/

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  4. Basta leggere l’ultimo libro di Yanis Varoufakis (And the Weak Suffer What They Must?”) che come meteorico ministro greco delle Finanze, ha avuto l’esperienza di essere messo al cospetto dell’Ente. Eccola sua descrizione:

    “l’Eurogruppo, dove sono prese tutte le decisioni importanti, è un organo che nemmeno esiste nel diritto europeo, che opera sulla base del criterio “il forte fa quel che gli piace mentre il debole soffre come deve”, che non tiene verbali delle sue riunioni, e la cui sola regola rispettata è che le sue deliberazioni sono riservate – ossia, non da condividere con i cittadini europei. E’una costruzione concepita apposta per precludere ogni sovranità residua al cittadino europeo”.

    Sono riunioni in cui a iniziare, guidare e delineare i termini è la Troika /FMI, BCE, Commissione Europea) e danno gli ordini ai ministri delle finanze. Alcuni possono anche votare, altri parlare (i greci no); quel che conta è che l’Eurogruppo non esistendo come istituzione, non può essere mai chiamato a rispondere delle sue cattive decisioni perché non è responsabile davanti a nessun parlamento, o corpo politico di alcun genere. .

    E poi i media ci raccontano che il regime di Putin è “autoritario” e in Russia non esiste una vera “democrazia” come in Europa. Al confronto dell’Eurogruppo che ci sgoverna, il Consiglio dei Dieci della Serenissima fu un modello di trasparenza democratica.
    http://www.maurizioblondet.it/israele-sara-la-banca-della-catalogna/

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