Il lavoro come valore

//www.youtube-nocookie.com/v/nv1G3hWN8Ys?version=3&hl=it_IT&rel=0Era uno dei principali obiettivi sin dall’inizio e ci sono arrivati, forse un po’ in ritardo rispetto ai tempi che si erano prefissati, ma ci sono arrivati. Chi ha capito il progetto dell’Unione Europea sa che le riforme del mercato del lavoro rappresentano lo strumento per ampliare la massa dei precari disposti a tutto e che, seppure con salari bassi e privi di risparmi, saranno costretti a comprare quei servizi essenziali (sanità, acqua, educazione, ecc.) che nel frattempo verranno privatizzati.

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7 pensieri su “Il lavoro come valore

  1. Ovviamente un effetto collaterale di questa politica del lavoro è l’abolizione del sistema pensionistico statale.
    Pochi giorni fa Christine Lagarde, direttrice del Fmi, insisteva sulla necessità di tagliare le pensioni italiane, visto che rappresentano la maggior spesa dello Stato. Dando mostra di ignorare, la dotta direttrice, che i 200 miliardi della ordinaria spesa pensionistica sono soldi che passano direttamente dai lavoratori in attività ai lavoratori in quiescenza. Il trasferimento all’Inps da parte dello Stato di circa 90 miliardi l’anno non ha niente a che fare con la spesa pensionistica, bensì con interventi assistenziali che in altri Paesi sono a carico della fiscalità generale…
    Lo scopo perseguito dalle istituzioni Ue è quello di assoggettare gli Stati membri alla “disciplina” dei mercati. Oltre che, più in dettaglio, convogliare verso banche e compagnie di assicurazione il flusso dei versamenti pensionistici; privatizzare il più possibile la Sanità; ridurre i lavoratori a servi obbedienti dinanzi alla prospettiva di perdere il posto, o di non averlo. Il vero nemico delle istituzioni Ue è lo stato sociale e l’idea di democrazia su cui si regge; è questo che esse sono volte a distruggere.
    Luciano Gallino
    http://www.lintellettualedissidente.it/rassegna-stampa/se-la-ue-diventa-una-dittatura/

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  2. In seguito agli attacchi dell’11 settembre 2001 gli Stati Uniti d’America approfittando della paura riuscirono a privare dei diritti di privacy e libertà i propri cittadini con leggi “ad hoc”.

    Oggi l’Europa, allo stesso modo, cavalcando la crisi economica, impone agli Stati membri riforme contro gli interessi della gente.

    Con il progetto di riforma dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, l’Italia è l’esempio lampante di ciò; BCE, UE Germania dettano la nostra agenda.

    La riforma “violenta” del lavoro voluta dal premier Matteo Renzi si pone in maniera autoritaria e scellerata contro i lavoratori, ubbidendo al diktat della Troika.

    Non sono un caso le parole di Mario Draghi di qualche giorno fa che, avanti il parlamento Europeo, ha ribadito la necessità di riforme strutturali su lavoro e welfare con la scusa di aumentare la competitivitá.

    L’Italia da ormai molto tempo non è più sovrana e gli ultimi governi non hanno fatto altro che eseguire gli ordini imposti da banche e burocrati.

    Renzi per essere credibile deve portare in Europa l’agnello sacrificale che in questo caso sono i lavoratori e i loro diritti, per dimostrare ai nostri partner che sa ben fare i compiti a casa.

    Ma questa riforma, così come l’adesione al fiscal compact e al Meccanismo Europeo di Stabilità, non sono altro che una dichiarazione di resa incondizionata dell’Italia all’Europa e la fine della volontà popolare.

    Una declino insesorabile, una spirale perversa che sta stritolando il Paese.

    L’art. 18 è la garanzia per i singoli lavoratori contro il licenziamento indiscriminato. Con questo articolo il singolo lavoratore può essere licenziato solo per giusta causa o giustificato motivo su istanza di un giudice. Se un’azienda è in stato di crisi e necessita di ridurre il personale ci sono norme per i licenziamenti collettivi e l’art. 18 non c’entra nulla!

    L’art.18 e’ quindi una giusta protezione del lavoratore contro le discriminazioni.

    Viene invece descritto come il male da estirpare, come la causa della crisi. L’art.18 non allontana gli investitori dalle aziende come vogliono farci credere.

    Alessandro Pedrini

    E se anche così fosse, sappiamo tutti che la finanza va dove la porta il profitto e nessuna azienda sarebbe garantita da capitali erratici.

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  3. Poi mentre stava per prenotare, quest’estate, è caduto un aereo. Allora non ha prenotato. Qualche giorno dopo, ha deciso che cazzo, mica si può aver paura di volare (cit), e ha deciso di prenotare. Ed è caduto un altro aereo. E non ha prenotato. Poi ha deciso che insomma, porco cane, bisogna vincere i propri timori, e ha deciso di sì. Ed è caduto il terzo aereo. Poi una specializzanda le ha detto: ma dai, il mio fidanzato fa il pilota, se vuoi vi porta lui, gli dico di prendersi quel turno lì.

    Quanti anni ha il tuo fidanzato?

    Ventisette.

    Ma anche no, grazie.

    http://thepellons.wordpress.com/2014/09/26/how-does-it-feelto-be-on-your-own/

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  4. Dal conflitto di classe dialettico si è passati al massacro di classe univoco: i dominanti stanno letteralmente annientando i dominati, togliendo loro finanche i diritti più elementari (lavoro, sanità, istruzione, ecc.). La vicenda tragicomica dell’art. 18 segna l’apice di questo processo degenerativo, peraltro gestito direttamente dalle ridicole forze che tradizionalmente dovrebbero fare gli interessi del Servo e non del Signore. Con l’art. 18 viene, infatti, distrutto l’ultimo brandello dei diritti sociali ancora esistenti. Matteo Renzi dice giustamente che il limite dell’articolo 18 sta nel riguardare un numero ristretto di lavoratori. Vero. Logica vorrebbe, allora, che le protezioni venissero estese a tutti. E invece le si tolgono a tutti. Logica strana e, insieme, familiare. Coazione al livellamento, ammantata dalla retorica del privilegio: i diritti fatti passare per privilegi vengono aboliti per tutti.
    Diego Fusaro in
    http://www.lospiffero.com/cronache-marxiane/art-18-il-capitale-e-le-sue-orge-18320.html

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  5. È una piazza polverizzata senza partiti e senza movimenti, dove ciascuno diffida di tutti, non appartiene a niente, e si sente personalmente danneggiato dalla paga di A, che ancora lavora, e dalla pensione di B, che è sicuramente un privilegio. Ma non si sente danneggiato dalla ricchezza di C, meglio se immensa, perché è una buona garanzia (come si è visto, infondata) che il ricco non ruba e non depreda lo Stato come insegnanti, giudici e impiegati pubblici. La strategia vincente, al momento, è la guerra tra poveri, tra chi vive di lavoro dipendente o ne ha le pensioni, tra sindacati, tra movimenti che vorrebbero difendere il lavoro. A essa è stata aggiunta la guerra generazionale, in modo da essere sicuri che i vecchi che hanno lavorato e lasciato nel lavoro la loro testimonianza, non abbiano rispettabile voce in capitolo. Ogni anziano deve apparire come il vero ostacolo ai diritti di un giovane.
    Furio Colombo
    http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/20/il-lavoro-oggi-una-guerra-tra-poveri-senza-vincitori/1160915/

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